L’ultimo spettacolo

Ascolta,
ti ricordi quando venne
la nave del fenicio a portar via
me, con tutta la voglia di cantare
gli uomini, il mondo, e farne poesia…
Con l’occhio azzurro io ti salutavo
con quello blu io già ti rimpiangevo
e l’albero tremava e vidi terra,
i greci fuochi e l’infinita guerra…

Li vidi ad uno ad uno
mentre aprivano la mano
e mi mostravano la sorte
come a dire: “Noi scegliamo,
non c’è un dio che sia più forte”.
E l’ombra nera che passò
ridendo ripeteva: “no…”

Ascolta,
ero partito per cantare
uomini grandi dietro grandi scudi
e ho visto uomini piccoli ammazzare
piccoli, goffi, disperati e nudi…
Laggiù conobbi pure un vecchio aedo
che si accecò per rimaner nel sogno
con l’occhio azzurro invece ho visto e vedo,
con l’occhio blu mi volto e ti ricordo…

Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa dentro il muro
quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro
e mille solitudini
e i buchi per nascondersi…

Ho visto fra le lampade un amore:
e lui che fece stendere sul letto
l’amico con due spade dentro il cuore,
e gli baciò piangendo il viso e il petto…
E son tornato per vederti andare
e mentre parti e mi saluti in fretta
fra tutte le parole che puoi dire
mi chiedi: “Me la dai una sigaretta?”

Io di Muratti, mi dispiace, non ne ho
il marciapiede per Torino, sì lo so
ma un conto è stare a farti un po’ di compagnia,
altro aspettare che il treno vada via:
perché t’aiuto io ad andare non lo sai,
sì, questo a chi si lascia non succede mai,
ma non ti ho mai considerata roba mia,
io ho le mie favole, e tu la storia tua.

Ma tu non mi parlavi
e le mie idee come ramarri
ritiravano la testa
dentro il muro, quando è tardi
perché è freddo, perché è scuro…
E ancora solitudini
e buchi per nascondersi…

E non si è soli quando un altro ti ha lasciato,
si è soli se qualcuno non è mai venuto
però scendendo perdo i pezzi per le scale
e chi ci passa su non sa di farmi male:
ma non venite a dirmi “Adesso lascia stare”
o che la lotta in fondo deve continuare
perché se questa storia fosse una canzone
con una fine mia
tu non andresti via.

Figlio, figlio, figlio

Figlio chi t’insegnerà le stelle
se da questa nave non potrai vederle?
Chi t’indicherà le luci dalla riva?
Figlio, quante volte non si arriva!
Chi t’insegnerà a guardare il cielo fino a rimanere senza respiro?
A guardare un quadro per ore e ore fino a avere i brividi dentro il cuore?
Che al di là del torto e la ragione contano soltanto le persone?
Che non basta premere un bottone per un’emozione?
Figlio, figlio, figlio, disperato giglio, giglio, giglio
luce di purissimo smeriglio, corro nel tuo cuore e non ti piglio
dimmi dove ti assomiglio figlio, figlio, figlio
soffocato giglio, giglio, giglio, figlio della rabbia e dell’imbroglio,
figlio della noia e lo sbadiglio,
disperato figlio, figlio, figlio.

Figlio chi si è preso il tuo domani?
Quelli che hanno il mondo nelle mani.
Figlio, chi ha cambiato il tuo sorriso?
Quelli che oggi vanno in paradiso.
Chi ti ha messo questo freddo nel cuore?
Una madre col suo poco amore.
Chi l’ha mantenuto questo freddo in cuore?
Una madre col suo troppo amore.
Figlio, chi ti ha tolto il sentimento?
Non so di che parli, non lo sento.
Cosa sta passando per la tua mente?
Che non credo a niente.

Figlio, figlio, figlio, disperato giglio, giglio, giglio
luce di purissimo smeriglio, corro nel tuo cuore e non ti piglio
dimmi dove ti assomiglio figlio, figlio, figlio
spaventato giglio, giglio, giglio, figlio della rabbia e dell’imbroglio,
figlio della noia e lo sbadiglio,
disperato figlio, figlio, figlio.

Figlio, qui la notte è molto scura,
non sei mica il primo ad aver paura;
non sei mica il solo a nuotare sotto
tutte due ci abbiamo il culo rotto:
non ci sono regole molto chiare,
tiro quasi sempre ad indovinare;
figlio, questo nodo ci lega al mondo:
devo dirti no e tu andarmi contro, tu che hai l’infinito nella mano
io che rendo nobile il primo piano;
figlio so che devi colpirmi a morte e colpire forte.

Figlio, figlio, figlio, disperato giglio, giglio, giglio
luce di purissimo smeriglio, corro nel tuo cuore e non ti piglio
dimmi dove ti assomiglio figlio, figlio, figlio
calpestato giglio, giglio, giglio, figlio della rabbia e dell’imbroglio,
figlio della noia e lo sbadiglio,
adorato figlio, figlio, figlio.

Dimmi, dimmi, dimmi cosa ne sarà di te?
Dimmi, dimmi, dimmi cosa ne sarà di te?
Dimmi cosa, dimmi cosa ne sarà di me?

Milady

Passano gli anni passano
crescono i bimbi crescono
Ritorni come un brivido
su questo palcoscenico
però ti sento timida, timida

Tu che tenevi tutti i fili del cuore
con due mani così lievi
che sentivo dolore solo un po’…
Non ti ho più vista piangere
Non ti ho più vista ridere
eri una voce fragile, fragile

Abbiamo smesso d’inventare parole
senza mai trovare quella che voleva dire
vivere, vivere

Milady non lasciarmi mai,
ti voglio bene come sei,
Milady madre amante e figlia,
la sola che mi rassomiglia;
Milady smettila di bere,
ti spacco in testa quel bicchiere,
sei vecchia e sembri un bambina,
e vesti ancora da regina,
Milady goccia su una foglia
Milady… io non ne ho più voglia…

Sono cambiato? Dimmelo;
sei tu diversa? Parlami,
sei sempre stata piccola, piccola:

Io ti perdevo e mi sentivo vincente,
ma non c’è stato mai verso
di cambiarti con niente come te;
non ti ho venduto l’anima,
lasciami in pace, lasciami
come mi sento stupido, stupido:

Voglio una storia d’amore più vera,
una donna che mi parla
e che mi aspetta la sera vattene,
vattene

Milady non lasciarmi mai,
senza di te cosa farei,
Milady cipria sotto gli occhi,
Milady persa negli specchi;
Milady non hai voce e canti,
in un teatro a fari spenti,
Milady bolla di sapone,
e ballerina di balcone:
Milady il cuore è un soldatino
che scrive lettere a nessuno

Milady non lasciarmi mai,
ti voglio sempre come sei,
Milady strada di Parigi,
Natale con i tre re magi;
Milady ho perso la tua spilia
Milady, Dio, come sei bella

Sogna, ragazzo sogna

E ti diranno parole
rosse come il sangue, nere come la notte;
ma non è vero, ragazzo,
che la ragione sta sempre col più forte; io conosco poeti
che spostano i fiumi con il pensiero,
e naviganti infiniti
che sanno parlare con il cielo.
Chiudi gli occhi, ragazzo,
e credi solo a quel che vedi dentro;
stringi i pugni, ragazzo,
non lasciargliela vinta neanche un momento;
copri l’amore, ragazzo,
ma non nasconderlo sotto il mantello;
a volte passa qualcuno,
a volte c’è qualcuno che deve vederlo.

Sogna, ragazzo sogna
quando sale il vento
nelle vie del cuore,
quando un uomo vive
per le sue parole
o non vive più;
sogna, ragazzo sogna,
non cambiare un verso
della tua canzone,
non fermarti tu…

Lasciali dire che al mondo
quelli come te perderanno sempre;
perchè hai già vinto, lo giuro,
e non ti possono fare più niente;
passa ogni tanto la mano
su un viso di donna, passaci le dita;
nessun regno è più grande
di questa piccola cosa che è la vita

E la vita è così forte
che attraversa i muri senza farsi vedere
la vita è così vera
che sembra impossibile doverla lasciare;
la vita è così grande
che quando sarai sul punto di morire,
pianterai un ulivo,
convinto ancora di vederlo fiorire

Sogna, ragazzo sogna,
quando lei si volta,
quando lei non torna,
quando il solo passo
che fermava il cuore
non lo senti più ;
sogna, ragazzo, sogna,
passeranno i giorni,
passerrà l’amore,
passeran le notti,
finirà il dolore,
sarai sempre tu …

Sogna, ragazzo sogna,
piccolo ragazzo
nella mia memoria,
tante volte tanti
dentro questa storia:
non vi conto più;
sogna, ragazzo, sogna,
ti ho lasciato un foglio
sulla scrivania,
manca solo un verso
a quella poesia,
puoi finirla tu.

Shalom

C’è un tempo per combattere e un un tempo per sognare,
un tempo per raccogliere, uno per seminare;
e un tempo per andarsene:
ora quel tempo è mio, arrivederci padre, illuminato da Dio.
Un dio che sollevava il mare come una punizione,
per distinguere gli altri uomini dalla sua vera nazione:
ma padre, qui, c’era un popolo, piantato nella terra,
e la terra non può darla Dio, ma la fame, l’amore di averla.
Come mi pesa questo canto, padre, tu non sai quanto!
Ma non lo senti che è più forte la vita della morte?
Shalom, padre, shalom, io vado via.
Ma dov’è casa mia?

A furia di tenerci insieme per salvare quel che siamo,
ci mancan, padre, gli altri, gli altri,
quello che noi non siamo;
ci manca, anche se avessimo soltanto noi ragione,
l’umiltà di non vincere che fa eguali le persone.
E invece li strappiamo via in nome del signore,
come sterpaglia e funghi d’acqua,
nati qui per errore,
dovesse mai succederci,
ad esser troppo buoni di fare,
chissà poi per chi, la figura dei coglioni.
Arrivederci padre o forse addio: mio nonno, era mio nonno il padre mio!

Dio come brucia questo canto brucia più del mio pianto,
padre perdonami, ma è più forte la vita della morte;
shalom, padre, shalom, io vado via.
Ma dov’è casa mia?

Arrivederci padre o forse addio:
era mio nonno il vero padre mio,
cancellato come un numero dalla lista delle spese,
ma così tanto più grande delle offese.

Dio, se mi brucia questo canto brucia più del mio pianto,
ma tu non senti che è più forte la vita della morte;
shalom, padre, shalom, io vado via.
Ma dov’è casa mia?

Canto notturno (di un pastore errante dell’Aria)

Il navigante si perse in un sogno
di stelle irrangiugibili;
da allora tutti i dati trasmessi
sono illeggibili:
ogni tanto ci arrivano segni
che registra solo il cuore:
forse, forse, non c’è stato mai,
e sono tutte storie.
In questa notte seminata di nuvole
che non una luce trema,
ogni domanda è la risposta a una domanda
della risposta prima;
ogni ritorno è una falsa partenza,
l’illusione di un movimento,
come questo bagno di lacrime
che non ho pianto.

Troppo cielo;
troppe foglie ha buttato il pensiero;
troppi nomi per dirne uno solo;
troppe, queste lezioni di volo:
fammi scendere, portami via, via, via,
portami via con te,
portami a casa mia,
tienimi sempre,

via, via, via,
un tempo io sognai,
prima di te sognai,
solo di ombre,
solo di ombre.

Nella memoria del mondo ci sono battaglie
e nostalgie del cielo,
grandi navi portano a spasso
la luce del pensiero:
ma io ricordo soltanto quel bacio,
quel giorno di primavera:
tutta la storia non vale
il tuo bacio di una sera.

Io ti amo:
ho paura ogni istante che abbiamo;
ho paura di averti di meno;
come un cieco ti ho dato la mano;
non lasciarmela, portami via, via, via,
portami via con te,
portami a casa mia,
tienimi sempre

via, via, via,
un tempo io sognai,
prima di te sognai,
solo ombre,
e adesso…

Per Amore Mio – Ultimi Giorni Di Sancho P.

Ragazzo noi siamo bugie del tempo
appesi come foglie al vento di Mistral
non eri ancora nata e già ti avevo dentro
come stanotte in questa casa di Alcazar
ma più bello di averti
è quando di disegno
niente ha più realtà del sogno
il mondo non esiste
il mondo non è vero
e ho sognato di me.
Per amore , solo per amore
dei miei occhi, delle mie parole
con la frutta marcia fra le mani
con la donna che non c’è domani.
Per amore, solo per amore
del bambino perso sulle scale
per tenermi se le gambe tremano
e vedere dove gli altri guardano
no, Sancho non muore.
Ho combattuto il cuore dei mulini a vento
insieme a un vecchio pazzo che si crede me
ho amato Dulcinea insieme ad altri cento
ho cantato per lei, ma perché?
In un paese d’ombre
fra la terra e il cielo ora sogno di te.
Per amore, solo per amore
dei miei gesti, delle mie parole
delle notti che me li confondo insieme
e del vino lento fiume nelle vene.
Per amore, solo per amore
di quel viso che non può tornare
della stella che non può cadere già
la tua mano che non sa tenermi più.
Per amore, solo per amore
di quel viso che non può tornare
della stella che non può cadere giù
la tua mano che non sa tenermi più.
Per amore, solo per amore mio
ho giocato sempre a strabiliare.
Per amore, solo per amore mio
dietro un velo che non puoi arrivarci tu.
Per amore, solo per amore mio