Torture

Nulla è cambiato.
Il corpo prova dolore,
deve mangiare e respirare e dormire,
ha la pelle sottile, e subito sotto – sangue,
ha una buona scorta di denti e di unghie,
le ossa fragili, le giunture stirabili.
Nelle torture di tutto ciò si tiene conto.
Nulla è cambiato.
Il corpo trema, come tremava prima e dopo la fondazione di Roma,
nel ventesimo secolo prima e dopo Cristo,
le torture c’erano e ci sono, solo la Terra è più piccola
e qualunque cosa accada, è come dietro la porta.
Nulla è cambiato.
C’è soltanto più gente,
alle vecchie colpe se ne sono aggiunte di nuove,
reali, fittizie, temporanee e inesistenti,
ma il grido con cui il corpo
ne risponde era, è
e sarà un grido di innocenza,
secondo un registro e una scala eterni.
Nulla è cambiato.
Tranne forse i modi, le cerimonie, le danze.
Il gesto delle mani che proteggono il capo
è rimasto però lo stesso,
il corpo si torce, si dimena e si divincola,
fiaccato cade, raggomitola le ginocchia,
illividisce, si gonfia, sbava e sanguina.
Nulla è cambiato.
Tranne il corso dei fiumi,
la linea dei boschi, del litorale, di deserti e ghiacciai.
Tra questi paesaggi l’anima vaga,
sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana,
a se stessa estranea, inafferrabile,
ora certa, ora incerta della propria esistenza,
mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è
e non trova riparo.

di Wislawa Szymborska

Il Signor Cogito sulla necessità della precisione

1
il Signor Cogito
è preoccupato per un problema
della matematica applicata

le difficoltà che incontriamo
davanti a semplici operazioni aritmetiche

i bambini sono fortunati
sommano le mele
sottraggono un seme dagli altri
il conto è giusto
l’asilo nido del mondo
pulsa di un calore sicuro

misurate le particelle della materia
pesati i corpi celesti
e solo negli affari umani
prevale una negligenza riprovevole
mancanza dei dati precisi
per l’infinito della storia
gira un fantasma
il fantasma dell’indefinito

quanti greci morirono a Troia
-non lo sappiamo

specificare le perdite esatte
su entrambi i lati
nella battaglia di Gaugamela
Azincourt
Lipsia
Kutno

e il numero delle vittime del
bianco
rosso
marrone
-ah colori innocenti colori
-terrore

-non lo sappiamo
veramente non lo sappiamo

il Signor Cogito
rifiuta alla spiegazione ragionevole
che era successo tempo fa
il vento ha mescolato le ceneri
il sangue è finito nel mare

le spiegazioni ragionevoli
aumentano l’ansia
del Signor Cogito
perché anche quello
che succede davanti ai nostri occhi
sfugge alle cifre
perde la dimensione umana

da qualche parte deve esserci un errore
un difetto fatale degli attrezzi
o un peccato degli atrezzi

2
un paio di esempi semplici
della contabilità delle vittime
il numero preciso dei morti
in una catastrofe aerea
è facile da determinare

importante per gli eredi
e immerse nel dolore
società di assicurazioni

prendiamo l’elenco dei passeggeri
e dello staff
vicino a ogni nome
mettiamo una crocetta

un po’ più difficile
nel caso
delle catasrofi dei treni

bisogna rimettere insieme
i corpi strappati
purché nessuna testa
rimanga randagia

durante disastri
elementari
il conto
diventa
complicato

contiamo i salvati
ed il resto incognito
che non è né vivo
né definitivamente morto
viene chiamato con un nome strano
di dispersi

hanno ancora la possibilità
di ritornare da noi
dal fuoco
dall’acqua
da dentro la terra

se ritorneranno va bene
se non ritorneranno vabbé

3
adesso il Signor Cogito
sale
sul più alto trabballante
livello dell’indefinibilità
quanto è difficile trovare i nomi
di tutti quelli che sono morti
nella lotta con un potere disumano

i dati ufficiali
diminuiscono il loro numero
di nuovo senza pietà
decimano i morti

e i loro corpi spariscono
nei seminterrati spaziosi
degli enormi commissariati

i testimoni oculari
accecati con il gas
storditi con le salve di cannone
paura e disperazione
sono disposti ad esagerare

gli osservatori casuali
riportano dei numeri dubbi
accompagnati dalla vergognosa
parola circa

e in questi casi è indispensabile
l’attualità
non si può sbagliare
neanche di uno

siamo nonostante tutto
custodi di nostri fratelli
il non-sapere dei dispersi
mina la realtà del mondo

getta nell’inferno delle parvenze
la daiabolica rete di dialettica
che dice che non vi è differenza
tra il disagio e un fantasma

quindi dobbiamo sapere
contare attentamente
chiamare di nome
preparare per la strada da fare

in una ciotola di argilla
miglio semi di papavero un pettine di avorio
punte di frecce
l’anello di fede

amuleti

di Zbigniew Herbert

Il giorno della fine del mondo

Il giorno della fine del mondo
L’ape gira sul fiore del nasturzio,
il pescatore ripara la rete luccicante.
Nel mare saltano allegri delfini,
Giovani passeri si appoggiano alle grondaie
E il serpente ha la pelle dorata che ci si aspetta.

Il giorno della fine del mondo
Le donne vanno per i campi sotto l’ombrello,
L’ubriaco si addormenta sul ciglio dell’aiuola,
I fruttivendoli gridano in strada
E la barca dalla vela gialla si accosta all’isola,
Il suono del violino si prolunga nell’aria
E disserra la notte stellata.

E chi si aspettava folgori e lampi,
Rimane deluso.
E chi si aspettava segni e trombe di arcangeli,
Non crede che già stia avvenendo.
Finché il sole e la luna sono su in alto,
Finché il calabrone visita la rosa,
Finché nascono rosei bambini,
Nessuno crede che già stia avvenendo.

Solo un vecchietto canuto, che sarebbe un profeta,
Ma profeta non è, perché ha altro da fare,
Dice legando i pomodori:
Non ci sarà altra fine del mondo,
Non ci sarà altra fine del mondo.

di Czeslaw Milosz

Istanti

Se io potessi vivere nuovamente la mia vita
nella prossima cercherei di commettere più errori.

Non tenterei di essere tanto perfetto, mi rilasserei di più
sarei più stolto di quello che sono stato,
in verità prenderei poche cose sul serio.

Correrei più rischi, viaggerei di più, scalerei più montagne,
contemplerei più tramonti e attraverserei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono stato,
avrei più problemi reali e meno problemi immaginari.

Io sono stato una di quelle persone che vivono sensatamente,
producendo ogni minuto della vita.

E’ chiaro che ho avuto momenti di allegria,
ma se tornassi a vivere, cercherei di avere soltanto momenti buoni.

Perché di questo è fatta la vita,
solo di momenti da non perdere.

Io ero una di quelle persone che mai andavano da qualche
parte senza un termometro, una borsa d’acqua calda, un ombrello e un paracadute:
se tornassi a vivere, viaggerei più leggero.

Se io potessi tornare a vivere, comincerei ad andare scalzo
all’inizio della primavera
e continuerei così fino alla fine dell’autunno.

Girerei più volte nella mia strada, contemplerei più aurore
e giocherei di più con i bambini.

Se avessi un’altra volta la vita davanti…
Ma, vedete, ho ottantacinque anni e non ho un’altra possibilità.

di Jorge Luis Borges

La via dei naviganti

Tutto iil freddo
degli anni
gela i giorni
di noi che passeremo
una volta e mai più
da queste parti.
Così tu
non tenermi
ancora alla tua porta
inascoltato,
da solo
ho attraversato
la via dei naviganti
non in sogno.

di Francesco Scarabicchi

Non penso a te

Non posso ricordare. Ma quei momenti
puri dureranno in me come
in fondo a un vaso troppo pieno.
Non penso a te, ma sono per amore tuo
e questo mi dà forza.
Non ti invento nei luoghi
che adesso senza te non hanno senso.
Il tuo non esserci
è già caldo di te, ed è più vero,
più del tuo mancarmi. La nostalgia
spesso non distingue. Perché
cercare allora se il tuo influsso
già sento su di me lieve
come un raggio di luna alla finestra.

di Rainer Maria Rilke

La danza della neve

Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieva
volteggiando, la neve
cade.
Danza la falda bianca
nell’ampio ciel scherzosa,
Poi sul terren si posa
stanca.
In mille immote forme
sui tetti e sui camini,
sui cippi e sui giardini
dorme.
Tutto d’intorno è pace;
chiuso in oblio profondo,
indifferente il mondo
tace.

di Ada Negri

Sonetti a Orfeo II – 29

Tacito amico delle lontananze,
senti? gli spazi accresci col respiro.
Nel buio ceppo campanario làsciati
risuonare. Quel che ti consuma

diventerà una forza, con tal cibo.
Va’ fuori e dentro nella metamorfosi.
Quale esperienza ti fa più soffrire?
T’è amaro il bere? E tu vino diventa.

Sii, in questa notte d’eccesso, magia,
nell’incrocicchio dei tuoi sensi il senso
del loro incontro arcano.

E se all’oblio il mondo t’abbandona,
all’immobile terra di’: Io scorro,
e all’acqua fuggevole: Io sono.

di Rainer Maria Rilke

Le foglie morte

Oh! Vorrei tanto che tu ricordassi
i giorni felici quando eravamo amici.
La vita era più bella.
Il sole più ardente.
Le foglie morte si raccolgono insieme…
Vedi che non ho dimenticato.
Le foglie morte si raccolgono insieme…
come i ricordi e i rimpianti
e il vento del nord le porta via
nella fredda notte dell’oblio.
Vedi che non ho dimenticato
la canzone che mi cantavi.
È una canzone che ci somiglia.
Tu mi amavi
io ti amavo.
E vivevamo noi due insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza far rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.
Le foglie morte si raccolgono insieme…
come i ricordi e i rimpianti.
Ma il mio amore silenzioso e fedele
sorride ancora e ringrazia la vita.
Ti amavo tanto, eri così bella.
Come potrei dimenticarti.
La vita era più bella
e il sole più ardente.
Eri la mia più dolce amica …
Ma non ho ormai che rimpianti.
E la canzone che cantavi
sempre, sempre la sentirò.
È una canzone che ci somiglia.
Tu mi amavi
io ti amavo.
E vivevamo noi due insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza far rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.

Donna

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni…
Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c`è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`è un’altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c`è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai

Nulla due volte

Nulla due volte accade
né accadrà. Per tale ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.

Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Oggi, che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? ma cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?

Perché tu, malvagia ora,
dai paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e qui sta la bellezza.

Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.

Blues in memoria

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui E’ Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno; e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perchè ormai più nulla può giovare.