Plauto

Tito Maccio Plauto nasce fra il 254 e il 251 a.C. Queste informazioni le abbiamo da Cicerone che ha scritto che la commedia Pseudolus di Plauto, rappresentata nel 191 a.C., viene scritta quando Plauto era già senex, cioè aveva più di sessant’anni.
Nasce a Sarsina, un piccolo centro che in quel tempo era umbro, oggi è in Romagna. Sarsina era stata sottomessa dai Romani nel 266 a.C.
I tre nomi di Plauto non sono come i classici nomi romani, cioè prenomen-nomen-cognomen. Questi nomi di Plauto sono l’unione del prenome con due cognomi, cioè due soprannomi: Maccius, che ricorda la parola Maccus, cioè “lo sciocco” e Plautus che vuol dire “piedi piatti”. Forse però con “piedi piatti” si intendeva l’attore della farsa che recitava senza il coturno, quindi a piedi nudi.
Abbiamo poche notizie certe sulla vita di Plauto. Sappiamo che si trasferisce a Roma da giovane e che inizia come attore e poi diventa capocomico in una compagnia teatrale.
Aulo Gellio ci dice che Plauto avrebbe perso tutte le sue ricchezze con il commercio e per questo comincia a lavorare come servo in un mulino. Mentre lavora nel mulino inizia a scrivere le sue commedie.
Queste informazioni però non sappiamo se sono vere. Infatti i latini spesso erano convinti che un autore, nelle sue opere, potesse parlare solo di ciò che aveva vissuto. Quindi prendono queste informazioni dalle opere di Plauto. Però noi non sappiamo se sono certe.
Plauto è il primo autore latino a scrivere solo opere di un certo tipo, in questo caso parliamo delle palliate.
Plauto scrive moltissime commedie e molte opere si pensa le abbia scritte lui anche se non si è certi. E’ Varrone, uno scrittore latino, a fare una lista di commedie che sicuramente sono di Plauto. Queste opere della lista prendono il nome di “commedie varroniane”.

Caratteristiche della commedia di Plauto

Come tutti gli spettacoli teatrali, la commedia veniva rappresentata durante particolari feste religiose. A vedere la commedia andava un grande numero di persone.
Il pubblico era costituito soprattutto da schiavi, mercanti, contadini, soldati, cortigiane che volevano divertirsi e dimenticare i pensieri della giornata.
Ed è per questo motivo che è nata la commedia plautina. Plauto rappresenta un mondo vivo e attuale, deformato.
Non c’è critica alla politica e alla società. Nelle commedie di Plauto manca la nobilitas e i protagonisti sono le stesse persone che fanno il pubblico.
La commedia non era divisa in atti ma era un drama continuum.
La commedia è divisa in parti recitate (dette deverbia) e parti accompagnate dalla musica e cantate (dette cantica). Cantica e deverbia hanno metriche diverse. I deverbia usano senari giambici, i cantica usano settenari trocaici.
Nella commedia di Plauto c’è sempre un prologo, cioè una parte della rappresentazione in cui un personaggio presenta la commedia e dice cosa è avvenuto (successo) prima dei fatti che succederanno nella commedia.
Durante la commedia sono ci sono molte invenzioni verbali, cioè invenzioni di nomi, di espressioni Questo aiutava a far apprezzare le commedie dal pubblico.

Molto importante era la festa dei Saturnali che si svolgeva il 17 dicembre. Questa festa era in qualche modo simile alle feste dionisiache greche perché in quel giorno tutto succedeva senza controllo, era come in un carnevale: ci si metteva uno strano cappello, si poteva mangiare e bere senza controllarsi, gli schiavi potevano mangiare con i padroni. Il mondo era come se fosse alla rovescia (al contrario).
Plauto nelle sue commedie riprende questo clima e così gli schiavi, le prostitute, i giovani innamorati (gli adulescentes) che di solito nella società romana non contavano molto, ora, nelle sue commedie, diventano i protagonisti.
Spesso nelle commedie di Plauto c’è uno scontro tra padri e figli ma non è uno scontro diretto perché tutti e due mandano avanti servi ed amici per risolvere la questione.
A volte i giovani innamorati devono scontrarsi con i lenoni. I lenoni sono persone che sfruttano le prostitute e non hanno diritti di piena cittadinanza, quindi truffarli, ingannarli era un merito.
Nella commedia ci sono quindi:
– esigenze del sesso (giovani innamorati)
– esigenze del ventre, della pancia (cioè i parassiti, gli avari)
– esigenze di chi fa cose illegali liberamente (il servo furbo)
E tutte queste esigenze si uniscono per creare una truffa che permette al giovane innamorato di avere i soldi necessari per conquistare la cortigiana di cui è innamorato.
Il regista della truffa, cioè chi la programma, è il servo furbo.
Lo schiavo è uno che non ha nulla e che quindi non può perdere nulla; ha sopportato molte torture e per questo è diventato insensibile ad ogni minaccia.
Il servo furbo diventa anche un poeta e nella commedia rappresenta, in qualche modo, Plauto stesso.
Dato che il servo improvvisa (cioè fa cose non previste) si può parlare anche di “farsa”, che era un genere di spettacolo. Plauto quindi inserisce la farsa nella commedia.
Tutto questo spettacolo molto forte poteva essere sopportato dai Romani perché la commedia era ambientata in Grecia, quindi i Romani pensavano che parlasse di qualcosa che era lontano.
L’importante è divertirsi, per questo si prendono in giro le regole, la politica e la religione e si esalta (cioè si dice che è una cosa buona) il sesso e l’avarizia.
A volte gli attori si rivolgevano direttamente al pubblico e così quello che era qualcosa di “greco” diventa qualcosa di romano.
I nomi dei personaggi sono nomi che non esistono ma che ci mostrano la caratteristica del personaggio.

Opere di Plauto, le trame:

Aphitruo (Anfitrione)

Il dio Giove è innamorato di una donna che si chiama Alcmena e si trasforma fisicamente in modo da essere uguale al marito che si chiamava Anfitrione. Anfitrione è lontano in guerra perché è il capo dell’esercito di Tebe.
Mercurio, per aiutare Giove, finge di essere Sosia, cioè il servo di Anfitrione.
Quando tornano il vero Anfitrione e il vero Sosia ci sono alcuni equivoci (cioè tutti dicono cose diverse e non si capiscono).
Alcmena partorisce due gemelli: uno interamente umano, Ificle, e l’altro semi-divino, cioè Ercole.
Alla fine Anfitrione capisce e dice che è stato un onore avere avuto Giove come rivale.

Aulularia (La commedia della pentola)
Un vecchio avaro, che si chiama Euclione, ha il terrore che qualcuno gli rubi la sua pentola piena d’oro che ha scoperto nel giardino di casa e che ha nascosto sottoterra. Euclione finge di essere povero.
La pentola viene rubata però viene presa per aiutare un ragazzo, Liconide, a sposare Fedra che è la figlia di Euclione, che in questo modo riprende la pentola piena d’oro.

Miles gloriosus (Il soldato fanfarone)
Un soldato fanfarone, cioè un soldato che è vanitoso anche se non ha fatto molto, che si chiama Pirgopolinice rapisce la cortigiana Filocomasio che amava un bravo giovane, Pleusicle. Il servo di questo giovane organizza un piano per liberare la ragazza.

Pseudolus (Psudolo)
Il protagonista è Pseudolo, il servo molto intelligente del giovane innamorato che si chiama Calidoro. Pseudolo organizza dei piani per prendere al lenone Ballione, che è avaro e senza onore, la ragazza che Calidoro ama, la cortigiana Fenicio. Il servo riesce a togliere molti soldi a Ballione e con questi ripaga anche il padre di Fenicio: l’unico che ci rimette è il ruffiano Ballione.

Truculentus (Truculento o Zoticone, Rozzo)
La protagonista di questa commedia è una donna, Fronesio (Sagaciona), una cortigiana che con l’aiuto della sua serva riesce a sfruttare allo stesso tempo tre amanti: il cittadino ateniese Diniarco (Capotremendo), il ricco campagnolo Strabace (Guercio) e il soldato babilonese Stratofane (Soldatillustre), che è un fanfarone.
La commedia prende il titolo dal nome del servo di Strabace (Guercio), che si chiama appunto Truculento, che diceva di essere nemico di tutte le donne e voleva salvare il suo giovane padrone dalla cortigiana che era senza pietà. Truculento arriva a litigare con la serva di Fronesio (Sagaciona) che si chiama Astafio (Uvapassa). Ma anche lui alla fine deve cedere.
Tra i trucchi che usa Fronesio (Sagaciona) c’è quello di fingere di aver partorito un bambino da uno dei tre amanti, il soldato babilonese; in realtà è solo un modo per prendergli i soldi.

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