I due viandanti e l’orso

Era sera e due viandanti attraversavano un bosco. Stava facendosi buio e il primo viandante disse: “Questo posto non mi piace troppo. Per fortuna siamo in due, siamo amici, e se restiamo uniti nessuno potrà farci del male”.
In quel momento apparve l’orso.
Il primo viandante gettò un grido, e senza più pensare all’amico si arrampicò sull’albero. Il secondo viandante, trovatosi improvvisamente solo e comprendendo di non poter far nulla contro l’orso, si buttò lungo disteso a terra.
L’orso si avvicinò dondolandosi al secondo viandante, lo annusò, strofinò il muso contro la sua testa, la sua bocca, il suo naso, soffiando e aspirando. L’uomo rimase perfettamente immobile: s’era irrigidito tutto e tratteneva il respiro. Trascorso qualche minuto l’orso si convinse che l’uomo era morto; diede un grugnito cavernoso e si allontanò.
Andatosene l’orso, il primo viandante scese dall’albero.
“E allora?” disse ridendo “ho visto che l’orso accostava la bocca al tuo orecchio. Che cosa ti ha detto?”
“Mi ha detto la verità” rispose il secondo viandante “cioé di non prestare fede a chi ti dice che sarà al tuo fianco, e poi ti pianta in asso non appena sente puzza di bruciato”.

L’alcione

L’alcione è un uccello amante della solitudine, che vive sempre sul mare e fa, dicono, il suo nido sugli scogli vicini alla costa, per sfuggire alla caccia degli uomini.
Un giorno un alcione che stava per deporre le uova, posandosi su di un promontorio, scorse una roccia a picco sul mare, e andò a farci il nido. Ma una volta, mentre esso era fuori in cerca di cibo, accadde che il mare, gonfiato da soffio impetuoso del vento, si sollevò fino all’altezza del nido e lo inondò, affogando i piccoli. Quando, al suo ritorno, l’alcione vide quel che era accaduto: “Me misero”, esclamò, “per guardarmi dalle insidie della terra, mi rifugiai sul mare; e il mare mi si è dimostrato ben più infido di quella”.

Questo capita anche a certi uomini, che, mentre si guardano dai loro nemici, senz’avvedersene, vanno a cadere in mezzo ad amici che sono ben peggio di quelli.

La rana e il bue

Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia per quell’imponenza, prese a gonfiare la sua pelle rugosa. Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue.
Essi risposero di no.
Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande.
Quelli risposero: “Il bue”.
Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì.
Quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono male.

L’uomo e la volpe

Un tale era pieno di rancore contro una volpe che gli recava danni, e il giorno che la catturò volle prendersi una bella vendetta: le legò alla coda della stoppa inzuppata d’olio e le diede fuoco. Ma un dio guidò la volpe proprio nei campi di colui che aveva appiccato il fuoco. Era il tempo della messe, e quello le andava dietro piangendo, perchè non aveva mietuto nulla.
Bisogna essere tolleranti e non abbandonarsi senza ritegno all’ira, perchè l’ira procura spesso gravi danni.

La volpe con la pancia piena

Una volpe affamata, vedendo nel cavo di una quercia del pane e della carne lasciatevi da qualche pastore, vi entrò e lì mangiò. Ma quando ebbe la pancia piena, non riuscì più a venir fuori, e prese a sospirare e a gemere. Un’altra volpe che passava a caso di là udì i suoi lamenti e le si avvicinò, chiedendogliene il motivo. Quando seppe l’accaduto: “e tu resta lì,” le disse, “finchè non sarai ritornata com’eri quando c’entrasti: così ne uscirai facilmente”.
Questa favola mostra che il tempo risolve le difficoltà.

Il lupo e il cane

Un lupo tutto striminzito dalla fame incontra un cane ben pasciuto.
Si salutano e si fermano.
“Donde vieni così lucido e bello? E che hai mangiato per farti così grasso? Io che sono tanto più forte di te, muoio di fame.”
E il cane:
“Se vuoi ce n’è anche per te. Basta che tu presti lo stesso mio servizio al padrone”.
“E che servizio?”
“Custodirgli la porta di casa e tener lontani i ladri, la notte.”
“Uh! Ma io sono prontissimo! Adesso sopporto nevi e piogge del bosco, trascinando una vita maledetta. Mi dev’essere molto più facile vivere sotto un tetto e riempirmi lo stomaco in pace.”
“Allora vieni con me.”
E vanno. Lungo la via il lupo vede una spelatura al collo del cane.
“Che roba è quella, amico mio?”
“Oh… è niente”
“Ma, se vuoi dirmelo…”
“Qualche volta, per la mia natura impetuosa, mi tengono legato perché stia quieto durante il giorno e vigili la notte. Ma al crepuscolo vado in giro dove mi piace; mi si porta il pane senza ch’io debba richiederlo, il padrone mi dà ossi della sua tavola, la servitù mi getta qualche boccone: gli avanzi di ognuno sono miei.
Così, senza fatica, mi empio la pancia.”
“Ma se si ha voglia di uscire, è permesso?”
“Proprio interamente, no.”
“Addio, caro: goditi pure le tue gioie: io non baratto la mia libertà per un regno.”