Socrate nasce ad Atene nel 420 o 469 a. C., sappiamo la sua data di nascita dal processo in cui è stato condannato a morte. Muore nel 399 a. C. e la sua morte viene raccontata in un testo di Platone chiamato Apologia di Socrate (“apologia” vuol dire “difesa”). In questo testo Socrate racconta la sua vita e dice di essere arrivato a 70 anni. Questo è l’unico dato che abbiamo n questo processo Socrate dice di avere 70 anni. Il padre si chiamava Sofronisco ed era scultore, la madre si chiamava Fenarete ed era levatrice, cioè aiutava le donne a partorire.
Socrate aveva una figura satrapesca, cioè era come un Satrapo (figura del mito greco), cioè era basso, rozzo e brutto. La moglie di Socrate si chiama Santippe ed è descritta come una donna con i capelli rossi e il carattere aggressivo.
Socrate studia ad Atene e si allontana dalla città solo tre volte per fare il soldato. Socrate non ha mai fatto politica, si interessava solo di filosofia.
La filosofia era come un esame di se stesso e degli altri che non finiva mai
Socrate ha alcune cose in comune con la sofistica:
– si interessa dell’uomo e non della natura
– cerca nell’uomo e non fuori dell’uomo le qualità del pensiero e le ragioni per agire
– il fatto di mettere tutto in discussione
– l’uso della dialettica e del paradosso
Socrate è diverso dagli altri sofisti per alcune cose principali:
– ama la verità e si rifiuta di pensare la filosofia come un discorso vuoto che è fatto solo per mostrare la propria bravura a parlare
– cercare di andare oltre il pensiero relativista che diceva che ognuno vedeva le cose in modo diverso, tutte le interpretazioni erano uguali ecc…
Nei primi anni della sua vita fa parte del Circolo di Pericle (Pericle era uno dei più grandi politici ateniesi) e qui conosce i due filosofi naturalisti Anassagora e Archelao. Sempre in quegli anni sembra che Socrate sia entrato in contatto con Parmenide e Zenone, due ontologi e pare che abbia conosciuto Protagora e Ippia, due sofisti.
Socrate quindi conosce filosofie molto diverse.
Platone scrive due dialoghi: il Parmenide, dove c’è il dialogo tra Socrate e Parmenide e il Protagora dove c’è il dialogo tra Socrate e Protagora. Noi sappiamo da Platone che Socrate ha avuto questi incontri ma sappiamo anche che a volte Platone inventava dei dialoghi che non rappresentavano cose che erano successe veramente. Platone inseriva i personaggi per quello che rappresentavano e non perché era successo davvero.
Di tutte queste filosofie quella che influenza di più Socrate è quella di Anassagora, cioè si sente più vicino alla filosofia naturalista. Nell’Apologia, Socrate dice che ha avuto una crisi che lo ha portato a cambiare il suo pensiero. Socrate nel Fedone (altra opera di Platone) dice di aver lasciato lo studio della natura per trovare rifugio nel Logoi → ragionamenti.
Questa crisi di cui parla Socrate dovrebbe esserci stata intorno al 430 a. C. Un amico di Socrate che si chiamava Cherofonte, va dall’oracolo di Delfi dove c’era il tempio più importante della Grecia e qui chiede alla sacerdotessa “Chi è l’uomo più sapiente della Grecia?” e la sacerdotessa risponde “Socrate”. Quando Socrate lo viene a sapere entra in crisi perché si chiede come mai è lui l’uomo più sapiente.
Comincia a cercare la ragione delle cose, va per le strade di Atene facendo domande alle persone (“che cos’è l’amore?”, “che cos’è l’amicizia?”, “che cos’è la giustizia?” ecc..). Lo faceva sempre fino a diventare fastidioso e molti ateniesi lo chiamano “tafano”, cioè come un insetto che punge.
Socrate non lavorava e per tutto il giorno faceva questo; alcuni uomini erano affascinati da questo suo modo di fare ricerca filosofica, cioè con l’interrogazione.
All’inizio dei suoi studi, Socrate si interessa della natura poi però pensa che non si possono capire le ragioni della natura, dell’Essere in generale e del mondo. Comincia a pensare ad una filosofia come una ricerca sull’uomo. Il problema non è più il mondo esterno ma l’uomo.
L’obiettivo è conoscere se stessi e dato che si è uomini solo quando si è in mezzo agli uomini, per conoscere se stessi bisogna avere un dialogo con gli altri uomini.
Per Socrate prima di iniziare la ricerca bisogna riconoscere la propria ignoranza. Socrate dice che il vero sapiente (saggio) è quello che sa di non sapere. Che vuol dire “sapere di non sapere”? Vuol dire che sulla natura non si può dire niente con sicurezza mentre sull’uomo bisogna sempre ricercare. Se io so di non sapere allora faccio di tutto per imparare e sapere.
Socrate racconta di aver capito che ogni uomo trasforma la propria verità in una verità assoluta, quello che era vero per una persona doveva essere vero per tutti.
Quando Socrate comincia a parlare con gli altri cerca prima di tutto di mostrare che sono ignoranti. Per fare questo usa l’ironia, cioè i giochi di parole e le finzioni.
Socrate prima comincia facendo i complimenti all’altra persona per le sue idee, poi però comincia a fargli tante domande facendogli venire molti dubbi e dimostrando che le risposte che l’altra persona dà sono false. In questo modo l’altra persona prova rabbia e vergogna.
Socrate studiando le persone scopre che tutte le persone sono ignoranti ma pensano di essere colti (cioè con una grande cultura).
Socrate capisce che la differenza tra lui e gli ateniesi è che lui è ignorante e lo sa mentre gli altri sono ignoranti e non lo sanno. Quindi si parla di “dotta ignoranza”.
Nella Repubblica (altra opera di Platone) vediamo ad esempio un dialogo tra Socrate e un mercante di nome Cefalo. Socrate chiede “che vuol dire essere giusti?” e il mercante risponde “vuol dire restituire il dovuto”. Cefalo è un mercante e crede che comportarsi bene vuol dire che se ti do 10 soldi devi darmi una cosa che vale 10 e poi però generalizza, cioè pensa che questo principio vale sempre.
Allora Socrate chiede “se un mio amico mi presta delle armi, e poi impazzisce, io devo ridargliele o no? Se gli restituisco le armi quello può fare male a qualcuno o a se stesso”. Socrate dimostra che l’idea di giustizia di Cefalo vale solo in alcune situazioni, non vale sempre.
Socrate usa un metodo elenchetico, cioè fa l’elenco delle situazioni in cui la definizione non funziona.
Socrate non vuole insegnare qualcosa ma solo tirare fuori il ragionamento dagli altri. Socrate cerca di far “partorire” le idee dagli altri, così come sua madre aiutava le donne a partorire. L’arte di far partorire si chiama maieutica, quindi possiamo dire che Socrate usa la “maieutica” per portare le persone a tirar fuori dei ragionamenti.
La verità è una conquista personale, che ognuno fa per sé. La verità è un’avventura della mente.
L’educazione migliore è l’auto-educazione, cioè l’educazione che uno fa su se stesso.
Socrate nel suo dialogo con l’altra persona chiede sempre “che cos’è….?”, cioè chiede sempre definizioni. Un uomo parla di giustizia? Socrate chiede “e che cos’è la giustizia?” Un uomo parla di “bene”? E Socrate chiede “e che cos’è il bene?”.
Socrate non fa mai lunghi discorsi (chiamati in greco “macrologie”) ma sempre discorsi brevi, piccole frasi, battute (chiamati in greco brachilogie). Questo dialogo rapido demolisce (distrugge) l’altra persona. Quindi possiamo vedere i due aspetti del dialogo di Socrate:
– l’aspetto negativo: Socrate distrugge le idee dell’altra persona dimostrando che sono false o non esatte;
– l’aspetto positivo: Socrate spinge l’altra persona a pensare e ad arrivare a idee giuste.
Socrate usa il ragionamento induttivo. Il ragionamento induttivo è quello che parte da alcune cose particolari e cerca di tirare fuori un concetto o una regola generali.
Per i Greci la virtù era il modo di essere di qualcosa (ad esempio la virtù del ghepardo è la velocità, la virtù del leone è la forza ecc…). Quando si parla di uomini la virtù è “il modo migliore di essere uomo” e quindi il modo migliore di comportarsi.
I Greci pensavano che la virtù fosse qualcosa di “dato”, cioè si nasceva con la virtù. Per i sofisti, invece, la virtù è un valore che deve essere cercato e imparato. Quindi per i sofisti la virtù dipende dall’educazione.
Socrate dice che la virtù è ricerca e scienza. La virtù, per Socrate, è un modo di sapere, cioè un prodotto della mente.
Per Socrate per essere uomini nel modo migliore bisogna riflettere e pensare. Se si pensa si può capire cosa è giusto fare. Ma Socrate non dice che così capiamo ciò che è giusto in generale ma dice che così possiamo capire se “è giusto fare questa cosa qui” o se “è giusto fare quest’altra cosa”.
La virtù per Socrate può essere insegnata e comunicata a tutti. Non basta che ognuno sappia il suo mestiere (lavoro) ma deve anche sapere il mestiere di vivere.
La virtù per Socrate è unica perché tutte le virtù (coraggio, prudenza, giustizia ecc…) sono delle facce di un’unica virtù, che è la scienza del bene.
Socrate dice che i valori veri non sono legati a cose esterne come la ricchezza, la fama, la potenza, e i valori non sono legati neanche al corpo come la bellezza, la forza, la salute ecc… I valori più importanti sono quelli legati all’anima e sono i valori della conoscenza.
Socrate dice che solo l’uomo virtuoso è felice perché il non-virtuoso, che non ragiona, si abbandona agli istinti, alle passioni che con il tempo lo rendono infelice.
La virtù, cioè “l’arte di saper vivere”, dato che l’uomo è un essere sociale, cioè che è sempre con altri uomini, diventa “l’arte di saper vivere con gli altri”. La virtù diventa quindi politicità.
Socrate dice che chi fa il male lo fa solo perché non sa quale è il vero bene. Infatti ogni persona agisce pensando a ciò che “per lui” è bene. Quindi il male è figlio dell’ignoranza.
La morte di Socrate
I cittadini ateniesi si sentivano messi sotto accusa da Socrate e provano una duplice sensazione:
– irritazione perché Socrate faceva sempre domande
– senso di esclusione dalla verità
Socrate viene accusato di aver insultato gli dei della città, può pagare una multa e rimanere vivo ma se pagava una multa doveva ammettere che era colpevole. Socrate decide di non pagare la multa e accetta la condanna a morte. Dopo la condanna l’ Apologia di Socrate finisce. Quello che succede dopo lo sappiamo da altre opere di Platone:
nel Fedone: Socrate parla con Fedone, si parla dei 3 giorni dopo la condanna. Socrate parla dell’immortalità dell’anima. Lui va incontro alla morte con serenità perché pensa che l’anima non muore.
nel Critone: Socrate parla con Critone, si parla dell’ultimo giorno di vita di Socrate. Socrate discute con i suoi studenti del perché ha deciso di morire. Gli allievi cercano di convincerlo a pagare la multa o di fuggire ma Socrate rifiuta. Nasce un dialogo sul problema del rispetto delle leggi. Socrate dice che se la legge dice che deve morire, lui morirà. Critone dice che la legge è ingiusta ma Socrate dice che bisogna sempre rispettare le leggi in modo critico.
Non deve mai mancare lo spirito critico. Quando la legge è ingiusta abbiamo il dovere di criticare, e criticandola poi si può cambiare, ma dobbiamo comunque rispettarla. La legge serve per permettere la convivenza.
La mattina del terzo giorno gli ateniesi portano la cicuta (è un veleno) a Socrate e lui muore.
Socrate accetta di morire per restare fedele alle sue idee, lui sa di essere nel giusto, è convinto che esista un aldilà e sa che sarà ripagato per questo.
Socrate muore per la verità.
Platone è un allievo di Socrate e la sua morte sarà ciò che lo spinge a fare filosofia e soprattutto filosofia politica. La filosofia politica cerca un modo per costruire un altro stato. Lo stato che porta ingiustizia non può far vivere un uomo giusto.
Socrate non ha scritto nulla. Socrate diceva di sentire un demonietto che gli diceva che le cose che affermavano gli altri erano sbagliate.
La verità non è qualcosa che si possiede ma che si costruisce. La ricerca della verità non ha una fine, è un’evoluzione per questo non si può scrivere un libro di questa verità. La ricerca è infinita e la parola è libera, coinvolge le persone. Il testo scritto blocca questa ricerca.
Per conoscere la filosofia di Socrate dobbiamo quindi usare le testimonianze che sono:
– dirette (di chi ha vissuto con lui) → Platone, Seonofonte, Aristofane
– indirette (di chi non ha vissuto con lui) → Aristotele