Plauto

Tito Maccio Plauto nasce fra il 254 e il 251 a.C. Queste informazioni le abbiamo da Cicerone che ha scritto che la commedia Pseudolus di Plauto, rappresentata nel 191 a.C., viene scritta quando Plauto era già senex, cioè aveva più di sessant’anni.
Nasce a Sarsina, un piccolo centro che in quel tempo era umbro, oggi è in Romagna. Sarsina era stata sottomessa dai Romani nel 266 a.C.
I tre nomi di Plauto non sono come i classici nomi romani, cioè prenomen-nomen-cognomen. Questi nomi di Plauto sono l’unione del prenome con due cognomi, cioè due soprannomi: Maccius, che ricorda la parola Maccus, cioè “lo sciocco” e Plautus che vuol dire “piedi piatti”. Forse però con “piedi piatti” si intendeva l’attore della farsa che recitava senza il coturno, quindi a piedi nudi.
Abbiamo poche notizie certe sulla vita di Plauto. Sappiamo che si trasferisce a Roma da giovane e che inizia come attore e poi diventa capocomico in una compagnia teatrale.
Aulo Gellio ci dice che Plauto avrebbe perso tutte le sue ricchezze con il commercio e per questo comincia a lavorare come servo in un mulino. Mentre lavora nel mulino inizia a scrivere le sue commedie.
Queste informazioni però non sappiamo se sono vere. Infatti i latini spesso erano convinti che un autore, nelle sue opere, potesse parlare solo di ciò che aveva vissuto. Quindi prendono queste informazioni dalle opere di Plauto. Però noi non sappiamo se sono certe.
Plauto è il primo autore latino a scrivere solo opere di un certo tipo, in questo caso parliamo delle palliate.
Plauto scrive moltissime commedie e molte opere si pensa le abbia scritte lui anche se non si è certi. E’ Varrone, uno scrittore latino, a fare una lista di commedie che sicuramente sono di Plauto. Queste opere della lista prendono il nome di “commedie varroniane”.

Caratteristiche della commedia di Plauto

Come tutti gli spettacoli teatrali, la commedia veniva rappresentata durante particolari feste religiose. A vedere la commedia andava un grande numero di persone.
Il pubblico era costituito soprattutto da schiavi, mercanti, contadini, soldati, cortigiane che volevano divertirsi e dimenticare i pensieri della giornata.
Ed è per questo motivo che è nata la commedia plautina. Plauto rappresenta un mondo vivo e attuale, deformato.
Non c’è critica alla politica e alla società. Nelle commedie di Plauto manca la nobilitas e i protagonisti sono le stesse persone che fanno il pubblico.
La commedia non era divisa in atti ma era un drama continuum.
La commedia è divisa in parti recitate (dette deverbia) e parti accompagnate dalla musica e cantate (dette cantica). Cantica e deverbia hanno metriche diverse. I deverbia usano senari giambici, i cantica usano settenari trocaici.
Nella commedia di Plauto c’è sempre un prologo, cioè una parte della rappresentazione in cui un personaggio presenta la commedia e dice cosa è avvenuto (successo) prima dei fatti che succederanno nella commedia.
Durante la commedia sono ci sono molte invenzioni verbali, cioè invenzioni di nomi, di espressioni Questo aiutava a far apprezzare le commedie dal pubblico.

Molto importante era la festa dei Saturnali che si svolgeva il 17 dicembre. Questa festa era in qualche modo simile alle feste dionisiache greche perché in quel giorno tutto succedeva senza controllo, era come in un carnevale: ci si metteva uno strano cappello, si poteva mangiare e bere senza controllarsi, gli schiavi potevano mangiare con i padroni. Il mondo era come se fosse alla rovescia (al contrario).
Plauto nelle sue commedie riprende questo clima e così gli schiavi, le prostitute, i giovani innamorati (gli adulescentes) che di solito nella società romana non contavano molto, ora, nelle sue commedie, diventano i protagonisti.
Spesso nelle commedie di Plauto c’è uno scontro tra padri e figli ma non è uno scontro diretto perché tutti e due mandano avanti servi ed amici per risolvere la questione.
A volte i giovani innamorati devono scontrarsi con i lenoni. I lenoni sono persone che sfruttano le prostitute e non hanno diritti di piena cittadinanza, quindi truffarli, ingannarli era un merito.
Nella commedia ci sono quindi:
– esigenze del sesso (giovani innamorati)
– esigenze del ventre, della pancia (cioè i parassiti, gli avari)
– esigenze di chi fa cose illegali liberamente (il servo furbo)
E tutte queste esigenze si uniscono per creare una truffa che permette al giovane innamorato di avere i soldi necessari per conquistare la cortigiana di cui è innamorato.
Il regista della truffa, cioè chi la programma, è il servo furbo.
Lo schiavo è uno che non ha nulla e che quindi non può perdere nulla; ha sopportato molte torture e per questo è diventato insensibile ad ogni minaccia.
Il servo furbo diventa anche un poeta e nella commedia rappresenta, in qualche modo, Plauto stesso.
Dato che il servo improvvisa (cioè fa cose non previste) si può parlare anche di “farsa”, che era un genere di spettacolo. Plauto quindi inserisce la farsa nella commedia.
Tutto questo spettacolo molto forte poteva essere sopportato dai Romani perché la commedia era ambientata in Grecia, quindi i Romani pensavano che parlasse di qualcosa che era lontano.
L’importante è divertirsi, per questo si prendono in giro le regole, la politica e la religione e si esalta (cioè si dice che è una cosa buona) il sesso e l’avarizia.
A volte gli attori si rivolgevano direttamente al pubblico e così quello che era qualcosa di “greco” diventa qualcosa di romano.
I nomi dei personaggi sono nomi che non esistono ma che ci mostrano la caratteristica del personaggio.

Opere di Plauto, le trame:

Aphitruo (Anfitrione)

Il dio Giove è innamorato di una donna che si chiama Alcmena e si trasforma fisicamente in modo da essere uguale al marito che si chiamava Anfitrione. Anfitrione è lontano in guerra perché è il capo dell’esercito di Tebe.
Mercurio, per aiutare Giove, finge di essere Sosia, cioè il servo di Anfitrione.
Quando tornano il vero Anfitrione e il vero Sosia ci sono alcuni equivoci (cioè tutti dicono cose diverse e non si capiscono).
Alcmena partorisce due gemelli: uno interamente umano, Ificle, e l’altro semi-divino, cioè Ercole.
Alla fine Anfitrione capisce e dice che è stato un onore avere avuto Giove come rivale.

Aulularia (La commedia della pentola)
Un vecchio avaro, che si chiama Euclione, ha il terrore che qualcuno gli rubi la sua pentola piena d’oro che ha scoperto nel giardino di casa e che ha nascosto sottoterra. Euclione finge di essere povero.
La pentola viene rubata però viene presa per aiutare un ragazzo, Liconide, a sposare Fedra che è la figlia di Euclione, che in questo modo riprende la pentola piena d’oro.

Miles gloriosus (Il soldato fanfarone)
Un soldato fanfarone, cioè un soldato che è vanitoso anche se non ha fatto molto, che si chiama Pirgopolinice rapisce la cortigiana Filocomasio che amava un bravo giovane, Pleusicle. Il servo di questo giovane organizza un piano per liberare la ragazza.

Pseudolus (Psudolo)
Il protagonista è Pseudolo, il servo molto intelligente del giovane innamorato che si chiama Calidoro. Pseudolo organizza dei piani per prendere al lenone Ballione, che è avaro e senza onore, la ragazza che Calidoro ama, la cortigiana Fenicio. Il servo riesce a togliere molti soldi a Ballione e con questi ripaga anche il padre di Fenicio: l’unico che ci rimette è il ruffiano Ballione.

Truculentus (Truculento o Zoticone, Rozzo)
La protagonista di questa commedia è una donna, Fronesio (Sagaciona), una cortigiana che con l’aiuto della sua serva riesce a sfruttare allo stesso tempo tre amanti: il cittadino ateniese Diniarco (Capotremendo), il ricco campagnolo Strabace (Guercio) e il soldato babilonese Stratofane (Soldatillustre), che è un fanfarone.
La commedia prende il titolo dal nome del servo di Strabace (Guercio), che si chiama appunto Truculento, che diceva di essere nemico di tutte le donne e voleva salvare il suo giovane padrone dalla cortigiana che era senza pietà. Truculento arriva a litigare con la serva di Fronesio (Sagaciona) che si chiama Astafio (Uvapassa). Ma anche lui alla fine deve cedere.
Tra i trucchi che usa Fronesio (Sagaciona) c’è quello di fingere di aver partorito un bambino da uno dei tre amanti, il soldato babilonese; in realtà è solo un modo per prendergli i soldi.

Gneo Nevio

Nasce in Campania intorno al 270 a. C., vive a Roma come cittadino romano sine suffragio (cioè senza possibilità di votare). Partecipa alla prima guerra punica.
Odiava la nobiltà e specialmente la famiglia dei Metalli. Nelle sue opere attacca i potenti e ne paga le conseguenze. Infatti i Metalli prenderanno il potere a Roma e lui sarà cacciato.
Nevio scrive tragedie cothurnatae e paretextae, commedie palliatae e forse anche di commedie togatae.
Ebbe fortuna e fu celebre soprattutto come comico.
L’opera più importante che scrive è soprattutto il Bellum Poenicum che è il primo poema epico romano.

Bellum Poenicum

E’ un poema epico che non è diviso in libri è infatti un carmen continuum.
Se Livio Andronico aveva introdotto a Roma l’epica greca, Gneo Nevio dà origine al primo poema epico romano, trattando argomenti storici e mitologici .
Gli eventi di cui parla sono eventi contemporanei. Canta il successo dei Romani nella prima guerra punica, esalta (parla bene di) le virtù e il valore dei Romani.
In una parte del poema parla delle origini di Roma e racconta l’arrivo di Enea nel Lazio e l’episodio (il fatto) con Didone da cui ha origine il conflitto (guerra) tra Roma e Cartagine.
Nevio sembra quasi mescolare i due esempi greci dell’Odissea e dell’Iliade. Imita l’Odissea quando parla di Enea, e imita l’Iliade quando parla dello scontro tra Roma e Cartagine.
Usa il saturnio come metrica e uno stile molto elevato.
Dato che, come abbiamo visto, il latino non aveva molti vocaboli, Nevio fa delle copie dalla lingua greca.
Anche in questo poema, ovviamente, c’è l’invocazione alle muse.
In quest’opera la storia diventa un argomento molto importante ed entra a far parte della letteratura.

Livio Andronico

Andronico è un greco di Taranto arrivato a Roma come schiavo seguendo Livio Salinatore.
Si occupa dell’istruzione dei figli dell’uomo e in seguito viene liberato prendendo il nome del suo padrone. Da questo momento diventa un insegnante di greco e latino.
Con Livio Andronico inizia la letteratura romana.
Scrisse diverse tragedie di argomento greco, soprattutto del ciclo troiano (cioè che si occupavano degli eroi della guerra di Troia) ispirandosi a Euripide e Sofocle (due scrittori greci).

Traduce l’Odissea. Perché traduce l’Odissea e non l’Iliade? L’Iliade sembrerebbe l’opera più giusta perché parla di una guerra e i Romani sono un popolo guerriero. Però l’Iliade parla di una guerra tra i Greci e Troia e sono i Greci a vincere. I Romani credevano di provenire da Enea, che era un troiano.
L’Odissea invece parla di Ulisse un eroe greco che però rappresentava il perfetto pater familias e Peneole poteva essere una matrona romana. I valori dell’Odissea sono gli stessi valori dei Romani: l’importanza della famiglia, della fedeltà, della patria e della pietas (rispetto religioso)
La traduzione che fa Livio è una traduzione adattata (sistemata) e non meccanica.

Al posto dell’invocazione alla Musa (divinità greca che dava l’ispirazione per scrivere) Livio mette l’invocazione alla Camena (una divinità romana).

Mentre la metrica dell’Odissea era l’esametro, Livio per l’Odusìa usa il saturnio che era una metrica romana.

Il latino antico era una lingua con poche parole rispetto al greco, per questo Livio nel tradurre l’opera fa anche un adattamento della lingua.

Trama (storia) – Ulisse aveva aiutato i Greci a vincere la guerra di Troia con l’idea di costruire un cavallo di legno che contenessi i soldati. Ulisse usa l’intelligenza e in qualche modo inganna i Troiani che pensavano che quel cavallo fosse un dono in nome della pace.
Finita la guerra gli dèì decidono cosa fare di Ulisse perché ancora non era tornato nella sua casa ad Itaca. Ulisse è protetto da Minerva (la dea della sapienza) ma contro di lui c’è Poseidone, il dio del mare che lo fa naufragare.
Dopo il naufragio, raggiunge a nuoto l’isola dei Feaci dove viene trovato da Nausicaa, la figlia del re dell’isola. Ulisse comincia a raccontare quello che gli è successo.
Infatti gran parte dell’Odissea è raccontata da Ulisse in persona.
Ulisse dice di aver incontrato Polifemo, di esser stato imprigionato e di averlo accecato (Ulisse usa l’intelligenza per uscire dalla grotta mettendosi sotto una pecora e dice di chiamarsi Nessuno per non essere perseguitato).
Poi dice di aver incontrato la maga Circe che trasforma gli uomini in maiali facendo mangiare loro del cibo magico. Ulisse mangia un’erba data dal dio Ermes e così non si trasforma. Viene liberato e la maga Circe gli dice di andare da un profeta (un uomo saggio che legge il futuro) che si trova all’Inferno per farsi dare dei consigli.
Subito dopo Ulisse incontra le sirene, delle creature che erano per metà donna e per metà pesce. Queste hanno una bellissima voce ma cantando facevano cadere i marinai in mare per affogarli. Ulisse vuole ascoltare il canto e per non morire si fa legare all’albero della nave.
Poi incontra due mostri del mare Scilla e Cariddi da cui riesce a sopravvivere.
Finito di raccontare Ulisse viene portato dai Feaci ad Itaca. Qui Minerva lo traveste da mendicante per non farlo riconoscere.
A casa di Ulisse c’era un banchetto con i Proci, il capo di questi vuole sposare Penelope. Penelope per non sposarlo chiede di poter terminare un mantello per il suocero. Però di giorno tesseva e di notte disfaceva quello che aveva fatto, così il mantello non era mai terminato.
Al banchetto Penelope propone di tirare con l’arco di Ulisse. Un arco molto duro che solo Ulisse riesce a tendere. Il mendicate Ulisse ci riesce, e insieme al figlio Telemaco uccide i Proci.
Poi per essere riconosciuto dalla moglie le racconta come è costruito il loro letto.
Il viaggio di Ulisse dura dieci anni, così come era durata la guerra di Troia. Infatti dieci anni indicavano un tempo lunghissimo. L’Odissea è quindi la storia di un lungo viaggio.
E’ importante notare che Ulisse usa sempre l’intelligenza, l’ingegno. E’ per questo che all’inizio Omero, e poi Livio Andronico, chiedono alla Musa (o alla Camena) che racconti loro l’uomo dal “multiforme ingegno” (multiforme vuol dire con molte forme, con diversi tipi di intelligenza).

Che cos’è l’Epica? E’ un’opera che racconta le gesta (azioni), storiche o leggendarie di un eroe o di un popolo. Il poema epico è un racconto in versi del mito. Con l’epica si conserva e si trasmette la memoria di una civiltà, di un popolo.

Teatro latino

Quando il teatro nasce in Grecia, non nasce come uno spettacolo ma come un fenomeno religioso.
Nasce dalle feste dionisiache dove una folla di uomini si travestiva, cantava e invocava il dio Dioniso (Dioniso, detto Bacco dai Romani, è il dio del vino e di ciò che è istintivo non controllato).
Il teatro diventa poi un rito religioso perché venivano trattate storie prese dai miti e dalla storia sacra e gli spettacoli avevano luogo durante le feste religiose.
Gran parte dei Greci assistevano alle rappresentazioni. In questo modo il teatro era anche uno strumento per l’educazione della polis, la città-stato della Grecia.
Con il tempo, però, è diventato sempre più uno spettacolo di intrattenimento e quello che importava non era più cosa si insegnava nella rappresentazione ma quanto la rappresentazione valeva dal punto di vista artistico.

Per i Romani il teatro è soprattutto uno strumento per il divertimento e lo svago e quindi per molto tempo viene considerato inutile e immorale, cioè contrario ai valori della società romana.
E’ per questo motivo che i primi teatri vengono costruiti solo dopo il I secolo a. C.

Struttura del teatro

Il teatro in Grecia è formato da una parte semicircolare, ricavata (presa, creata) da una collina, dove c’erano le gradinate in cui assisteva il pubblico.
La scena (palcoscenico) che all’inizio serviva solo agli attori per cambiarsi l’abito, viene poi abbellita e utilizzata come sfondo.
Importante poi era l’orchestra che era uno spazio circolare tra la cavea e il palcoscenico, qui si trovava il coro.

Il teatro a Roma non è scavato in una collina ma la cavea poggia su delle volte a botte. In questo modo questo edificio può essere costruito anche in città.
Essendo rialzato con gli archi è possibile anche decorare la facciata e i Romani lo faranno utilizzando anche le semicolonne.
L’orchestra, nel teatro romano,  non è importante come nel teatro greco, infatti per i romani conta di più la scenografia, la parte dietro il palcoscenico.
Con i Romani viene utilizzato anche il sipario, che era un tessuto, come una enorme tenda, che serviva a chiudere la scena alla fine dell’opera o di una parte di questa.

Acustica e maschere

La struttura del teatro doveva permettere (dare la possibilità) agli spettatori di sentire bene quello che succedeva sul palco. Per questo si studiava in maniera precisa l’acustica (la materia che si occupa dei suoni) e per amplificare (aumentare) la voce si usavano le maschere.
Le maschere, inoltre, servivano anche per mostrare chiaramente, anche agli spettatori lontani, i personaggi. Infatti ogni maschera indicava un personaggio.
Si vede bene che i personaggi dovevano essere riconoscibili e questo era possibile perché molti personaggi erano fissi, cioè erano sempre gli stessi. Le maschere, quindi, erano anche molto semplici.
E’ noto (si sa) che gli attori erano solo uomini, poiché le donne non potevano recitare.

Rappresentazioni

Ci sono due tipi di rappresentazione: la tragedia e la commedia.

La tragedia è una rappresentazione che si caratterizza (diventa particolare) per il tono e lo stile elevati e per il finale drammatico (cioè finisce male).
Ci sono varie parti: il prologo, dove si dice cosa è successo prima, poi tra un episodio (parte del racconto) e l’altro c’è il coro che canta e che dà la possibilità di tenere insieme il racconto e, alla fine, c’è l’ultimo episodio che viene detto esodo.
La tragedia ha avuto meno fortuna della commedia a Roma.
Ci sono due tipi di tragedia:
Cothurnata = (dal nome dei calzari greci, un tipo di scarpa che indossavano gli attori) tragedia di argomento greco, il soggetto era spesso mitologico (legato al mito);
Pratexta = (dalla toga rossa, un abito, indossato dagli attori) tragedia di argomento romano, il soggetto era mitologico romano oppure apparteneva alla storia nazionale romana

La commedia è una rappresentazione dove lo stile non è elevato, l’ambiente è popolare, medio o borghese, quindi non è nobile; e c’è una deformazione (esagerazione, modificazione) della realtà.
A Roma ha avuto molto successo. Ci sono due tipi di commedia:
Fabula palliata = (dal mantello greco indossato dagli attori) imitava la commedia greca, i personaggi erano greci ma c’erano riferimenti a usi e istituzioni romane
Fabula togata = (dalla toga indossata dagli attori) l’argomento era romano e nazionale, in questa l’influenza greca era molto debole.

I Romani usavano la scrittura soprattutto per cose pratiche: per scrivere le leggi, per compilare (scrivere) gli annali (documenti che scrivevano i fatti successi i quell’anno), per scrivere delle note sugli oggetti che si usavano o per le iscrizioni funerarie.
La letteratura nasce solo con Livio Andronico, Nevio ed Ennio che erano tutti e tre meridionali e di bassa o media estrazione sociale (cioè non erano nobili o ricchi).
Sono già passati circa cinquecento anni dalla fondazione di Roma.

Anima fragile

E tu
chissà dove sei,
anima fragile,
che mi ascoltavi immobile,
ma senza ridere.
E ora tu
chissà dove sei,
avrai trovato amore
o come me
cerchi soltanto le avventure
perché non vuoi più piangere.
E la vita continua,
anche senza di noi,
che siamo lontani ormai
da tutte quelle situazioni
che ci univano,
da tutte quelle piccole emozioni
che bastavano,
da tutte quelle situazioni
che non tornano mai,
perchè col tempo cambia tutto lo sai
cambiamo anche noi…
cambiamo anche noi…
e cambiamo anche noi.

Mentre dormi

Mentre dormi ti proteggo
e ti sfioro con le dita
ti respiro e ti trattengo
per averti per sempre

Oltre il tempo di questo momento
arrivo in fondo ai tuoi occhi
quando mi abbracci e sorridi
se mi stringi forte fino a ricambiarmi l’anima

Questa notte senza luna adesso
vola.. tra coriandoli di cielo
e manciate di spuma di mare
Adesso vola

Le piume di stelle
sopra il monte più alto del mondo
a guardare i tuoi sogni
arrivare leggeri

Tu che sei nei miei giorni
certezza, emozione
Nell’incanto di tutti i silenzi
che gridano vita

sei il canto che libera gioia
sei il rifugio, la passione

Con speranza e devozione
io ti vado a celebrare
come un prete sull’altare
io ti voglio celebrare
come un prete sull’altare

Questa notte ancora vola
tra coriandoli di cielo
e manciate di spuma di mare
Adesso vola

Le piume di stelle
sopra il monte più alto del mondo
a guardare i tuoi sogni
arrivare leggeri

Sta arrivando il mattino
stammi ancora vicino
sta piovendo…

Sfiorivano le viole

L’estate che veniva con le nuvole rigonfie di speranza
nuovi amori da piazzare sotto il sole
il sole che bruciava lunghe spiagge di silicio
e tu crescevi, crescevi sempre più bella
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo
i passi delle onde che danzavano sul mare a piedi nudi
come un sogno di follie venduto all’asta
la notte quella notte cominciava un po’ perversa
e mi offriva tre occasioni per amarti e tu
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo
il sole che bruciava bruciava bruciava bruciava
e tu crescevi crescevi
crescevi più bella più bella
fiorivi sfiorivano le viole
e il sole batteva su di me
e tu prendevi la mia mano
mentre io aspettavo te mentre io oh ye aspettavo te
si lavora e si produce si amministra lo stato
il comune si promette e si mantiene a volte
mentre io oh ye aspettavo te
il marchese La Fayette ritorna dall’America
importando la rivoluzione e un cappello nuovo
mentre io oh ye aspettavo te
ancora penso alle mie donne quelle passate
e le presenti le ricordo appena
mentre io oh ye aspettavo te
Otto von Bismarck-Shonhausen per l’unità germanica
si annette mezza Europa
mentre io aspettavo te
Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo
tuttora in voga mentre io oh ye aspettavo

Senza paura

Ma come fai quando tu sei bambino
a prendere coraggio e fede nel destino
se papa’ ti mette per castigo al buio
poi di notte a letto “zitto che c’è il lupo,
zitto che c’è il lupo, zitto che c’è il lupo”
E la mamma dice “chiamo l’uomo nero
chiamo il babau ti mangia tutto intero
nella notte scura ti fa la puntura
ti fa la puntura ti fa la puntura”

Ma passa per il buio senza paura

Poi all’improvviso ti arriva l’età
di amare follemente l’uomo che non va
non c’è via d’uscita né di qua né di là
tuo padre griderà tua madre pregherà
tua madre pregherà tua madre pregherà
L’amante poi si butta giù dal fabbricato
perché quello che è facile diventa complicato
dato che la vita è dura che la vita è dura
che la vita è dura

Ma passa per l’amore senza paura

Il pericolo c’è fa parte del gioco
tu non farci caso se no vivi poco
tieni sempre duro comincia di nuovo
comincia di nuovo comincia di nuovo
Anche per la strada tu stai rischiando
stai soprappensiero stai rimuginando
passa la vettura della spazzatura
ed il conducente aumenta l’andatura
aumenta l’andatura aumenta l’andatura

Ma va per la tua strada senza paura

Ed un bel giorno di qualunque settimana
ed un bel giorno di qualunque settimana
battono alla porta battono alla porta
è un telegramma lei ti sta chiamando
è un telegramma lei ti sta chiamando
Per uno viene presto per l’altro tardi
comunque presto o tardi tranquilla e sicura
viene senza avviso viene e ti cattura
viene e ti cattura viene e ti cattura

ma passa per la morte senza paura
ma passa per il buio senza paura
ma passa per l’amore senza paura
ma va per la tua strada senza paura
ma passa per la morte senza paura

Suicidio!

Suicidio!… In questi

fieri momenti
tu sol mi resti,
e il cor mi tenti.
Ultima voce
del mio destino,
ultima croce
del mio cammin.

E un dì leggiadre

volavan l’ore;
perdei la madre,
perdei l’amore,
vinsi l’infausta
gelosa febre!
or piombo esausta
fra le tenèbre!

Tocco alla mèta…

domando al ciel
di dormir queta
dentro l’avel…

da La Gioconda

Gli spietati

Vivere così senza pietà
senza chiedersi perchè
come il falco e la rugiada
e non dubitare mai

non avere alcuna proprietà
rinnegare l’anima
come i sassi e fili d’erba
non avere identità

Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
perduti antichi eroi
noi due che al binario ci diciamo addio…

non volere mai la verità
ottenere l’aldilà
navigare senza vento
migliorare con l’età

c’è un amore che non muore mai
più lontano degli dei
a saperverlo spiegare che filosofo sarei

Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
falliti antichi eroi,
noi due che al binario salutiamo…

Gli spietati salgono sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi innamorati eroi,
noi due che al binario ci diciamo addio…

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai.

non ci siamo amati
divertiti
pervertiti
dimenati
spaventati
rovianati
licenziati
lo saprai

noi ci siamo persi
ritrovati
poi bucati
c’è un amore che mi lacera la carne
ed ancora tu lo sai

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
c’è un amore che mi brucia nelle vene
e che non si spegne mai

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai.

Senza zucchero

Stamattina mi sono alzato e volevo morire.
Sarà forse la sveglia che mi forza
a vedere l’alba,
o sarà che è la prima alba da quando
mi hai lasciato.
Non c’è l’odore di caffè
a farmi compagnia.
Da domani berrò solo orzo.

Danza intorno al sole

Amore mio adorato amore
tienimi come un fiore
dentro un vaso alla finestra
perché possa rinfrescare.
Poi distendimi con cura
perché trovi la mia posa
rigirando ogni cosa
dalla parte più preziosa.
E la tristezza passerà,
la tristezza lascerà
posto a qualche forma di felicità

Amore mio adorato amore
lasciamoci alle spalle
tutto ciò che pesa
dai morsi ai sacchi della spesa.
Il passato è un’espressione
da capire, coniugare
ciò che è stato è stato
infondo non si può cambiare.
E la tristezza passerà,
la tristezza lascerà
posto a qualche forma di felicità

Ed è così
che il mondo ci trascinerà
in questa danza
intorno al sole che chiamiamo amore
adesso abbracciami
il mondo ci sorprenderà
con i colori
e le stagioni calde
e i giorni mai uguali
i temporali

Amore mio adorato amore
insegnami ad ascoltare
il grido di dolore
di un uomo che muore.

Di un bambino
in cerca di attenzione
di un paese che soffre
la tragica scomparsa
di valore.
E la tristezza passerà,
la tristezza lascerà
posto a un improvvisa felicità.

Ed è così
che il mondo ci trascinerà
in questa danza
intorno al sole che chiamiamo amore
adesso abbracciami
il mondo ci sorprenderà
con i colori
e le stagioni calde
e i giorni mai uguali
i temporali

Ed è così
che il mondo ci trascinerà
in questa danza
intorno al sole che chiamiamo amore
amore abbracciami

Amore mio adorato amore
tienimi come un fiore
dentro un vaso alla finestra
perché possa respirare

Bella

Bella…
la parola bella è nata insieme lei,
col suo corpo e con i piedi nudi lei
E’ un volo che afferrerei e stringerei,
ma sale su l’inferno a stringere me.
Ho visto sotto la sua gonna da gitana
con quale cuore prego ancora Notre Dame?
C’è… qualcuno che le scaglierà la prima pietra,
sia cancellato dalla faccia della terra!
Volesse il diavolo, la vita passerei
Con le mie dita tra i capelli d’Esmeralda

Bella…
E’ il demonio che si e incarnato in lei,
per strapparmi gli occhi via da Dio, lei
che ha messo la passione e il desiderio in me.
La carne sa che paradiso è lei!
C’è in me il dolore di un amore che fa male
E non m’importa se divento un criminale
Lei… che passa come la bellezza più profana
Lei porta il peso di un’atroce croce umana
O Notre Dame!
per una volta io vorrei
per la sua porta come in chiesa entrare in lei

Bella…
Lei mi porta via con gli occhi e la magia,
e non so se sia vergine o non lo sia.
C’è sotto Venere e la gonna sua lo sa
mi fa scoprire il monte e non l’aldilà.
Amore, adesso non vietarmi di tradire
Di fare il passo a pochi passi dall’altare
Chi… è l’uomo vivo che potrebbe rinunciare
sotto il castigo, poi, di tramutarsi in sale?
O Fiordaliso, vedi, non c’è fede in me
Vedrò sul corpo di Esmeralda se ce n’è.

Ho visto sotto la sua gonna da gitana
con quale cuore prego ancora Notre Dame
C’è… qualcuno che le scaglierà la prima pietra,
sia cancellato dalla faccia della terra!
Volesse il diavolo, la vita passerei
Con le mie dita tra i capelli di Esmeralda
… di Esmeralda

da Notre Dame de Paris