Solo e pensoso i più diserti campi

Testo:

Solo e pensoso i più diserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e li occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l’arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché ne li atti d’allegrezza spenti
di fuor si legge com’ io dentro avampi.

Sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né si selvagge
cercar non so, ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, e io con lui.

Parafrasi:

Solo e pensieroso cammino con lentezza
per i campi più deserti
e giro lo sguardo per sfuggire luoghi
dove si vedono tracce umane.

Non trovo altro riparo che mi salvi
dal fatto che gli altri si accorgano della mia condizione
perché negli atti tristi che compio
si vede da fuori come io bruci dentro.

Così io credo ormai che monti e campagne,
fiumi e boschi sappiano già di quale tipo
sia la mia vita che nascondo agli altri.

Tuttavia non riesco a trovare strade così aspre e difficili
in modo ch el’amore non mi segua
parlando con me e io con lui.

Spiegazione:

Si parla della solitudine che deve salvare il poeta dalla vergogna di rivelare agli altri uomini come si sente dentro.
Anche se fugge gli uomini, sembra che anche la natura si interessi di lui.
La scena è fuori dallo spazio e dal tempo, è una dimensione interiore.
C’è una sofferenza interiore che non conosce pace.
Petrarca cerca la solitudine e riflette perché è molto solo.
Ogni accento è un passo, cammina lento e pensa. E’ come una foto.
Usa molte parole negative.

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono

Testo:

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,

del vario stile in ch’io piango e ragiono
fra le vane speranze e ‘l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;

e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentirsi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.

Parafrasi:

Voi che ascoltate in poesie staccate fra di loro, il suono
di quei sospiri con cui io davo da mangiare al cuore
al tempo del mio primo errore giovanile
quando ero quasi diverso da quello che sono ora,

Spero di trovare pietà e non solo perdono
per lo stile vario in cui piango e ragiono
fra le speranze inutili e l’inutile dolore
se c’è qualcuno che conosca il significato della parola more per averlo direttamente provato.

Ma vedo bene come tutti
hanno chiacchierato di me, per cui spesso
mi vergogno di me stesso con me stesso;

Il risultato che aggiungo seguendo cose inutili
è la vergogna, il pentimento e il conoscere chiaramente che
tutti i piaceri del mondo sono come sogni che durano poco.

Spiegazione:

Il poeta scrive che ormai è maturo e rileggendo le sue poesie giudica in modo negativo il suo comportamento di quando era giovane e anche lo stile in cui ha scritto.
Spera che chi legge possa perdonarlo, specialmente le persone che hanno provato lo stesso sentimento. Il sentimento d’amore è un errore.
Il poeta sa che la sua speranza non si è avverata perché per molto tempo la gente rideva di lui. Non può sfuggire alla vergogna. Dopo questa vergogna arriva al pentimento e dopo il pentimento arriva a capire che tutte le cose piacevoli sono vane (inutili) e durano poco.
Il sonetto è scritto in maniera armoniosa, chiara e musicale ed è quindi lontano da dolore che esprime il contenuto. Quindi filtra i suoi pensieri attraverso la purezza dell’arte, la poesia; li ordina laciando la complessità dello scorrere del pensiero. Il nostro pensare è caotico (confusionario), Petrarca lascia questo scorrere dei pensieri.
L’amore vince sulla pudicizia (il sentimento di vergogna), la morte vince sull’amore, la fama vince sulla morte.
Concetto di vanità: anche la più grande gioia è destinata a finire. L’uomo ha bisogno di rinnovare sempre il piacere, la soddisfazione.
Il “voi” di cui parla è il pubblico, specialmente quelli che conoscono l’amore, ma manca il verbo.
C’è uno scontro tra presente e passato.

Petrarca

Nasce ad Arezzo il 20 luglio 1304, quando nasce Dante è ancora vivo e quando muore Petrarca ha 17 anni.
Il padre di Petrarca è notaio ed è mandato in esilio dopo che i guelfi neri prendono il potere, questo era stato lo stesso motivo dell’esilio di Dante.
Si trasferiscono in Francia, ad Avignone, dopo che la Chiesa viene spostata da Roma.
Petrarca inizia gli studi di diritto m poi li abbandona e si dedica agli studi classici. Mentre Dante va da un maestro Petrarca sceglie lui, guarda gli scaffali e sceglie.
La lingua in cui pensava e scriveva normalmente era il latino ma si interessava anche della lirica volgare.
Concentra tutti gli aspetti della sua poesia intorno ad un’immagine femminile che chiama Laura.

Petrarca sentiva molto il bisogno di sicurezza economica, per vivere bene e in modo tranquillo. Per questa ragione prende i voti minori, diventa chierico, e anche se non deve occuparsi della cura delle anime, è obbligato al celibato (non può sposarsi). Con i voti riceve una rendita (come uno stipendio).
Il poeta però era anche molto inquieto (agitato), voleva conoscere, viaggiare e arricchire la propria cultura.
Anche se viaggiava e conosceva molte cose “esterne”, Petrarca spesso si chiudeva in se stesso per conoscersi meglio.
In Petrarca vivevano poi l’amore per la cultura classica e una forte spiritualità cristiana.

Petrarca sentiva anche il bisogno di essere apprezzato e di raggiungere la fama e la gloria.
Raggiunge la gloria con l’incoronazione poetica che avviene a Roma il 1341, però dopo ha una forte crisi interiore.
Si impegna per far tornare la Chiesa a Roma (era ad Avignone) e vorrebbe che la Chiesa fosse più pura.
Nel 1348 riceve la notizia che Laura è morta di peste e lui stesso, per fuggire dalla peste, cambia diverse città, da Milano a Venezia e da Venezia a Padova.
Nel 1350 conosce Boccaccio e diventano grandi amici.

Petrarca è uno nuovo tipo di intellettuale perché non è più legato ad una città (come Dante con Firenze), non è più un intellettuale comunale ma un intellettuale cosmopolita, cioè non ha una città che sente come la “sua” città (cosmopolita → cittadino del mondo).
Il poeta non è neanche un intellettuale cittadino perché non partecipa alla vita del suo comune.
In questo periodo non esistono quasi più i due partiti (come i guelfi e i ghibellini) che lottano per il potere ma ci sono delle famiglie che diventano molto importanti, diventano i Signori della città, per questo motivo questo sistema viene chiamato Signoria. Da ricordare sono gli Scaligeri a Verona e i Visconti di Milano.
Petrarca accetta questo sistema e lo apprezza con la propria fama, in cambio viene mantenuto dai Signori che gli danno protezione e onori. Vivendo a corte può anche essere chiamato cortigiano.
Il poeta cerca però di restare sempre indipendente.

Petrarca può avere questi vantaggi perché la letteratura viene considerata molto importante. La letteratura viene vista come la più alta espressione dello spirito umano. La cultura è un valore, mentre prima non lo era. Chi si occupa di letteratura viene chiamato letterato.
Il letterato, con i suoi studi e la sua dottrina, fa rivivere il mondo antico, che è un modello.
Ma il letterato si rende anche immortale attraverso la fama.
Petrarca disprezza la conoscenza tecnica e scientifica, per lui sono molto più importanti gli studi umanistici perché portano alla conoscenza di sé e confortano l’animo di fronte ai colpi della fortuna (cioè consolano e aiutano ad andare avanti quando succedono disgrazie).
Petrarca si rivolge ad un élite, cioè ad un gruppo raffinato. Questo gruppo è la corte, è un pubblico colto.
La cultura si sta laicizzando, cioè è sempre meno legata alla Chiesa. Dante prende i suoi insegnamenti dalla Bibbia, quindi al centro di tutto c’è Dio (cultura teocentrica), mentre Petrarca studia sui classici, quindi al centro di tutto c’è l’uomo (cultura antropocentrica).

Il poeta non ama la filosofia che vuole catalogare tutta la realtà in schemi astratti e preferisce una filosofia che aiuti a capire l’uomo e lo aiuti a sopportare i problemi dell’esistenza.
Dante credeva in una filosofia scolastica che parlava di un ordine perfetto, Petrarca la pensa diversamente e così, di fronte ad una realtà dove ci sono molti aspetti, il poeta si rinchiude nel suo io.

Nel Secretum, scritto in un latino chiaro ed elegante, Petrarca immagina di parlare con Sant’Agostino, che era un santo e filosofo del VI-VII sec.
In questo dialogo possiamo vedere il grande desiderio di Petrarca di raggiungere la pace interiore.
Il problema di Petrarca sarebbe la debolezza della volontà (l’accidia, cioè la pigrizia che impedisce di seguire il bene) ma le sue colpe più grandi sarebbero il suo desiderio di gloria e il suo amore per Laura.
Petrarca soffre perché non sa rinunciare ai piaceri terreni e seguire solo Dio e non sa neanche seguire solo i piaceri senza provare i sensi di colpa.

Dante non vedeva una grande differenza tra la cultura del suo tempo e la cultura degli antichi romani, invece Petrarca si rende conto che c’è un grande distacco. Per Dante la storia era unica e guidata dalla volontà di Dio.
Il poeta cerca di conoscere anche gli autori e le opere degli antichi che erano meno famosi. Scopre la grandezza dei classici e sente per loro una grande nostalgia. Traduce i classici tenendo conto della storia in cui gli scrittori vivevano.
La sua passione per i classici lo porta a cercare nelle biblioteche, a confrontare i testi, a correggere gli errori fatti da quelli che hanno copiato male queste opere ed a scrivere tutti i riferimenti storici, i riferimenti alle persone, ai luoghi e ad altre opere.
Questa attività sui testi prende il nome di filologia.

Petrarca pensava di diventare famoso per le sue opere scritte in latino, in verità il successo è venuto dalla sua grande opera scritta in volgare: il Canzoniere.
Il nome originale del Canzoniere è Rerum vulgarium fragmenta, cioè “frammenti di cose volgari”.
Nel Canzoniere ci sono 317 sonetti, 29 canzoni, 7 ballate e 4 madrigale → totale 366 componimenti. E’ diviso in due parti: “in vita” e “in morte” di Laura. Nella parte “in vita” Petrarca ci parla della bellezza di Laura, del suo amore per lei ma anche del fatto che lei non ricambiava il suo amore e non aveva compassione per la sua sofferenza; nella parte “in morte” vediamo che la morte di lei lo ha separato da Amore, ha spento la sua passione ed ha reso il suo animo malinconico. Petrarca ricorda, rimpiange e riflette sulla morte ma Laura è comunque sempre presente.
Il poeta era convinto che il latino fosse la lingua migliore però voleva anche dimostrare che si poteva fare poesia di alto livello anche in volgare. Il volgare che usa Petrarca è una lingua selezionata e raffinata, anche il latino che usa non è un latino medievale ma un latino puro e classico. Per Dante, invece, il volgare era una lingua molto importante ed è in questa lingua che egli scrive il suo “poema sacro” (la Divina Commedia), Dante poi usava molte parole prese da altre lingue mentre Petrarca usa un vocabolario più piccolo.
Per Dante il contenuto era più importante della forma mentre per Petrarca il contenuto è importante quanto la forma. Petrarca aggiunge al contenuto un bello stile, musicale, fluido, scorrevole.

L’argomento del Canzoniere è l’amore del poeta per una donna chiamata Laura.
Non si sa se Laura è esistita veramente.
– Laura → Lauro → Alloro (è una pianta)
Lo scrittore latino Ovidio ne Le Metamorfosi ci parla della storia di Apollo (il dio del sole) e Dafne (ninfa, ha la madre umana e il padre è un dio). Dafne non ama Apollo e cerca di fuggire da lui e quando non ce la fa più chiede a suo padre di trasformarla in un albero: l’albero di alloro. Dato che Apollo era anche il dio delle arti con l’alloro vengono poi incoronati i poeti;
– Laura → l’aria, linguaggio letterario;
– Laurea → riconoscimento del percorso di studi.
E’ un amore umano e terreno, anche sensuale; è però un amore che non è mai soddisfatto ed è sempre tormentato. Il poeta si chiude in se stesso per capire le lotte che ha dentro.
Petrarca parla anche del piacere di soffrire e piangere. A volte Petrarca si rende conto della sua passione “vana” e per questo si vergogna, però subito dopo la passione torna a tormentarlo.
Il poeta considera come unica realtà la sua anima, questa è l’unica verità di cui l’uomo è in possesso. Parla di sé della sua coscienza e dei suoi dubbi, tormenti e sofferenze quando Laura muore.
La donna viene immaginata come creata da un sogno, dalla fantasia o dalla memoria, quindi è sempre lontana nel tempo e nello spazio.
Il poeta a volte scrive e parla di lei, altre volte si lamenta della sua crudeltà e indifferenza e altre volte prega Dio dicendo di vergognarsi di quei pensieri perché tutti i piaceri del mondo durano poco.
Nel 1348 in Europa c’è la peste e questa colpisce anche Laura che muore. Quando Laura muore Petrarca il ricordo di lei è al centro dei suoi pensieri ma il poeta sente anche la forza del tempo che passa e che si porta via tutti i piaceri terreni, pensa al tempo che è andato e non può ritornare. Sogna Laura ancora più bella però poi sente il peso del peccato e il bisogno di purificarsi. Petrarca ha paura del passare del tempo perché si porta via tutte le cose belle. La morte non è un luogo dove trovare pace ma un momento pieno di dubbi e pericoli. Così alla fine del libro il poeta parla alla Vergine Maria chiedendole di fargli trovare la pace. E la parola “pace” è l’ultima parola del libro.

Anche se Petrarca le chiama “rime sparse”, il Canzoniere è un libro completo.
Il Canzoniere non è un diario o un romanzo dove è scritta la vita del poeta, in realtà la storia è una creazione letteraria. Il poeta non si limita a raccontare quello che prova e che pensa ma aggiunge un valore. Prende la realtà e la rende nobile e pura. Il Canzoniere è rivolto a Laura ma il vero protagonista è Petrarca, l’amore per Laura lo porta a riflettere.
Laura è un personaggio più umano delle donne degli stilnovisti, ha una psicologia più viva, anche lei subisce il passare del tempo ed invecchia, ma comunque non è un personaggio reale.
Laura è anche l’ambizione di Petrarca, è una parte del poeta stesso.

Anche il paesaggio descritto è idealizzato, non reale. E’ un locus amoenus cioè un luogo ideale di pace, di felicità, di bellezza con piante, acque, erbe.
Non sono reali neanche le situazioni e gli episodi che vengono raccontate.
Il mondo contemporaneo è assente, la realtà esterna non esiste.

L’esperienza dell’amore di Petrarca è un’esperienza più generale. Il poeta sente il bisogno di qualcosa di assoluto, di eterno dove trovare pace.
La gloria non soddisfa, è inutile e scompare presto. Anche l’amore è un sogno che è deluso dalla realtà.
C’è anche un disprezzo del mondo.
Il viaggio dell’anima non trova soluzione, rimane il problema.
Il problema è mettere insieme il divino e l’umano, dare alle cose terrene la stabilità e l’eternità delle cose del cielo e togliere ai piaceri terreni ciò che è peccato. Il problema è tra il rinunciare al mondo e l’impossibilità di unire terra e cielo.
L’animo è in confitto perché vivono due culture:
– considera peccato tante cose
– considera queste cose come cose che appartengono all’uomo.

Sfondo storico in cui vive Petrarca:
– Carestie e pestilenze provocano un forte calo della popolazione
– Grave crisi finanziaria
– Nascita delle Signorie
– Trasferimento del papato ad Avignone

Elementi che vengono dalla tradizione latina e che influenzano Petrarca:
– il cercare di mettere d’accordo fede e ragione
– imitazione delle forme e stili latini
– amore per la filosofia e per il mondo classico

Spiegazione poesie:
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
Solo e pensoso i più diserti campi
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
Movesi il vecchierel canuto e bianco