Fare come gli arcieri prudenti

Camminando gli uomini quasi sempre per le vie battute da altri, e procedendo nelle azioni loro con le imitazioni, né si potendo le vie di altri al tutto tenere, né alla virtù di quelli che tu imiti aggiugnere, debbe uno uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi, e quelli che sono stati eccellentissimi imitare; acciò che, se la sua virtù non vi arriva, almeno ne renda qualche odore: e fare come gli arcieri prudenti, a’ quali parendo el loco dove disegnano ferire troppo lontano e conoscendo fino a quanto va la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta che il loco destinato, non per aggiugnere con la loro freccia a tanta altezza, ma per poter con l’aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro.

da Il Principe

Non vacillo nelle mie scelte

Non vacillo nelle mie scelte, e siccome sono sempre certo di trovare il piacere in quel che faccio, mai il pentimento viene a smussarne il fascino. Mi hanno convinto che solo il vizio era fatto per far sperimentare all’uomo la vibrazione morale e fisica fonte delle più deliziose voluttà. Non ho alcun bisogno di fare forza alle mie inclinazioni nell’intento di piacergli. E’ la natura che me le ha date, queste inclinazioni, e se resistessi la irriterei; se me le diede cattive, significa che erano necessarie ai suoi scopi.

da Le 120 giornate di Sodoma

Morire almeno una volta

«Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare…»

da Il giardino dei Finzi-Contini

I preti sanno morire

«Fino a quando delle donne avranno il coraggio di dare al mondo un uomo, nonostante i campi di battaglia, di concentramento e di lavoro forzato e i patiboli d’ogni genere, il bene vince il male, la vita vince la morte. Questa muta protesta d’amore, al pari del pianto silenzioso di milioni di umili, farà cadere tutte le bastiglie della nostra barbarie».

da I preti sanno morire

L’ipocrita

Chi ammicca con l`occhio trama il male, e nessuno potrà distoglierlo. Davanti a te il suo parlare è tutto dolce, ammira i tuoi discorsi, ma alle tue spalle cambierà il suo parlare e porrà inciampo alle tue parole.
Io odio molte cose, ma nessuna quanto lui, anche il Signore lo ha in odio.
Chi scaglia un sasso in alto, se lo scaglia sulla testa, e un colpo a tradimento ferisce chi lo vibra.
Chi scava una fossa vi cadrà dentro, chi tende un laccio vi resterà preso.
Il male si riverserà su chi lo fa, egli non saprà neppure da dove gli venga.
Derisione e insulto per il superbo, la vendetta, come un leone, lo attende al varco.
Saran presi al laccio quanti gioiscono per la caduta dei pii, il dolore li consumerà prima della loro morte.
Anche il rancore e l`ira sono un abominio, il peccatore li possiede.

Siracide 27, 22-30

Non ha paura, lei, di morire?

Io sì, tanta. Ci penso sempre alla morte. E’ così ingiusto morire, dal momento che si è nati. Morire è finire: perché si deve finire? Un uomo dovrebbe finire quando decide di finire, quando è stanco, pago di tutto: non prima.Oddio, c’è una tale sproporzione tra la dolcezza con la quale si nasce e la fatica con la quale si muore. Nascere è quattro strilletti sani e gioiosi, morire è una tragedia. Si dovrebbe almeno morire con la stessa dolcezza e incoscienza con la quale si nasce. E lo sa che le dico? Forse sarebbe più giusto nascere vecchi e morire bambini.

Oriana Fallaci chiede ad Anna Magnani

I paradossi del nostro tempo

Il paradosso del nostro tempo nella storia è che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.
Spendiamo di più, ma abbiamo meno, comperiamo di più, ma godiamo meno.
Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tempo.
Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti, e ancor più problemi, più medicine, ma menobenessere.
Beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco, guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi, vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso.
Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere.
Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.
Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa.
Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno. Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori.
Abbiamo pulito l’aria, ma inquinato l’anima. Abbiamo dominato l’atomo, ma non i pregiudizi.
Scriviamo di più, ma impariamo meno.
Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo computer più grandi per contenere più informazioni, per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.
Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta, grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni.
Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle ma famiglie distrutte.
Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal rallegrarti al calmarti, all’ucciderti.
E’ un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina e niente in magazzino.
Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questa lettera, e in cui puoi scegliere di condividere queste considerazioni con altri, o di cancellarle.
Ricordati di spendere del tempo con i tuoi cari ora, perchè non saranno con te per sempre.
Ricordati di dire una parola gentile a qualcuno che ti guarda dal basso in soggezione, perchè quella piccola persona presto crescerà e lascerà il tuo fianco.
Ricordati di dare un caloroso abbraccio alla persona che ti sta a fianco, perchè è l’unico tesoro che puoi dare con il cuore e non costa nulla.
Ricordati di dire “vi amo” ai tuoi cari, ma soprattutto pensalo.
Un bacio e un abbraccio possono curare ferite che vengono dal profondo dell’anima.
Ricordati di tenerle le mani e godi di questi momenti, perchè un giorno quella persona non sarà più lì.
Dedica tempo all’amore, dedica tempo alla conversazione, e dedica tempo per condividere i pensieri preziosi della tua mente.
La vita non si misura da quanti respiri facciamo, ma dai momenti che ci tolgono il respiro.

La preghiera del Clown

Noi ti ringraziamo nostro buon Protettore per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo.Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa’ che sulla nostra mensa non venga mai a mancare pane ed applausi. Noi ti chiediamo protezione, ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesse accaderci, fa che avvenga dopo lo spettacolo e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini.Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici, tu che sei la vera, l’unica rete dei nostri pericolosi esercizi, fa’ che in nessun momento della nostra vita venga a mancarci una tenda, una pista e un riflettore. Guardaci dalle unghie delle nostre donne, ché da quelle delle tigri ci guardiamo noi, dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamante le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono, ma non importa, io li perdono, un pò perchè essi non sanno, un pò per amor Tuo, e un pò perchè hanno pagato il biglietto. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.

dal film Il più comico spettacolo del mondo

Sui nazionalismi

Ho scritto un libro nel quale, a proposito del nazionalismo, dicevo: «Naturalmente esiste una nazione che possiede tutte le supreme virtù che tutte le nazioni si arrogano. E’ quella alla quale appartiene il mio lettore». E ho ricevuto una lettera da un polacco che mi diceva: «Sono veramente felice che riconosciate la superiorità della Polonia».

da Russell dice la sua

Arrabbiarsi allontana

Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: “Perchè le persone gridano quando sono arrabbiate?” “Gridano perchè perdono la calma” disse uno di loro. “Ma perchè gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore “Bene, gridiamo perchè desideriamo che l’altra persona ci ascolti” replicò un altro discepolo E il maestro torna a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?” Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore. Allora egli esclamò: ” Voi sapete perchè si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perchè? Perchè i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano solamente sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.” In fine il pensatore concluse dicendo: “Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perchè arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare.”

Scegli la vita

(…) Scegliete la vita. Scegliete un lavoro. Scegliete una carriera. Scegliete la famiglia. Scegliete un maxi televisore del cazzo. Scegliete lavatrici, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita. Scegliete un mutuo ad interessi fissi. Scegliete una prima casa. Scegliete gli amici. Scegliete una moda casual e le valigie in tinta. Scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo. Scegliete il fai-da-te e chiedetevi chi cazzo siete la domenica mattina. Scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete un futuro. Scegliete la vita.
Ma perché dovrei far cose come queste? Io ho scelto di non scegliere la vita. Ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni.(…)

(…) La verità è che sono cattivo, ma cambierà, io cambierò. E’ l’ultima volta che faccio cose del genere. Mi sto ripulendo e sto andando avanti per rigare dritto. Non vedo l’ora di farlo già adesso. Sarò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, un cazzo di televisore gigante, la macchina, l’apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, mutuo prima casa, moda casual, telequiz, cibi surgelati, la partita, macchina lavata, Natale in famiglia, pensione privata, esenzioni fiscali… lontano dai guai, a tirare avanti, guardando avanti, al giorno in cui morirai.(…)

da Trainspotting

L’arte di tacere

Principi necessari per tacere

-È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio.

-Esiste un momento per tacere, così come esiste un momento per parlare.

-Nell’ordine, il momento di tacere deve venire sempre prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio, si potrà imparare a parlare rettamente.

-Tacere quando si è obbligati a parlare è segno di debolezza e imprudenza, ma parlare quando si dovrebbe tacere, è segno di leggerezza e scarsa discrezione.

-Mai l’uomo è padrone di sé come quando tace: quando parla sembra, per così dire, effondersi e dissolversi nel discorso, così che sembra appartenere meno a se stesso che agli altri.

-Quando si deve dire una cosa importante, bisogna stare particolarmente attenti: è buona precauzione dirla prima a se stessi, e poi ancora ripetersela, per non doversi pentire quando non si potrà più impedire che si propaghi.

-Quando si deve tenere un segreto non si tace mai troppo: in questi casi l’ultima cosa da temere è saper conservare il silenzio.

-Il riserbo necessario per saper mantenere il silenzio nelle situazioni consuete della vita, non è virtù minore dell’abilità e della cura richieste per parlare bene; e non si acquisisce maggior merito spiegando ciò che si fa piuttosto che tacendo ciò che si ignora. Talvolta il silenzio del saggio vale più del ragionamento del filosofo: è una lezione per gli impertinenti e una punizione per i colpevoli.

-Il silenzio può talvolta far le veci della saggezza per il povero di spirito, e della sapienza per l’ignorante.

-Si è naturalmente portati a pensare che chi parla poco non è un genio, e chi parla troppo, è uno stolto o un pazzo: allora è meglio lasciar credere di non essere genii di prim’ordine rimanendo spesso in silenzio, che passare per pazzi, travolti dalla voglia di parlare.

-È proprio dell’uomo coraggioso parlare poco e compiere grandi imprese; è proprio dell’uomo di buon senso parlare poco e dire sempre cose ragionevoli.

-Qualunque sia la disposizione che si può avere al silenzio, è bene essere sempre molto prudenti; desiderare fortemente di dire una cosa, è spesso motivo sufficiente per decidere di tacerla.

-Il silenzio è necessario in molte occasioni; la sincerità lo è sempre: si può qualche volta tacere un pensiero, mai lo si deve camuffare. Vi è un modo di restare in silenzio senza chiudere il proprio cuore, di essere discreti senza apparire tristi e taciturni, di non rivelare certe verità senza mascherarle con la menzogna

Si pensa comunemente che comunicare sia parlare bene, ma Comunicare è essenzialmente saper ascoltare. E’ l’ascolto, infatti, che permette di costruire relazioni di qualità. Contattare il silenzio, raggiungere la quiete, la calma, significa avvicinarsi alla propria essenza profonda e vera: è là che nasce la nostra capacità di comunicare con noi stessi e con il mondo. Talvolta si parla per abitudine, per sfuggire alla solitudine.Si chiacchiera per evitare il senso di vuoto, o perché si è erroneamente convinti che più si parla meglio è. In realtà, parlare molto non facilita, né migliora le relazioni e non significa comunicare. Saper ascoltare significa comprendere le esigenze di chi ci sta di fronte, rispettando i sentimenti e le opinioni altrui e considerando la realtà individuale di ciascuno.
Spesso non si ascolta, ma si finge soltanto, preparandosi in realtà a ciò che si dovrà dire quando l’altro avrà smesso di parlare. Impariamo ad ascoltare cercando punti di silenzio nelle parole dell’altro, perché solo quando la mente è in silenzio possiamo recepire senza distorsione ciò che ci viene detto. […]

Giovinezza

“L’acqua veniva a sciabordare dalla parte dei pescatori e mi sono seduto per guardarli fare.
Veramente , non avevo nessuna fretta neppure io, non più di loro.
Ero come arrivato al momento, all’età forse, in cui sai bene cosa perdi a ogni ora che passa.
Ma non hai ancora acquistato la forza della saggezza che ci vorrebbe per fermarsi di botto sulla strada del tempo e poi comunque a fermarsi non si saprebbe nemmeno cosa fare senza questa follia d’andare avanti che ti prende e che fai tua fin dalla giovinezza, ancora non osi confessare pubblicamente che FORSE NON E’ CHE QUELLO LA TUA GIOVINEZZA, LO ZELO D’INVECCHIARE……..
Scopri in tutto il tuo passato ridicolo tante di quelle ridicolaggini, inganni, credulità, che vorresti forse smettere di colpo d’esser giovane, aspettare che la giovinezza si distacchi, aspettar che ti sorpassi, vederla andarsene via, allontanarsi, guardare tutta la sua vanità, toccar con mano il suo vuoto, vederla ripassare ancora davanti a te, e poi tu andartene, esser sicuro che se n’è proprio andata la tua giovinezza e in gran tranquillità, per conto suo, tutto suo, ripassare piano piano dall’altra parte del Tempo per guardare davvero com’è che sono la gente e le cose”.

da Viaggio al termine della notte

Bisogna avere caos dentro di sè

Dette queste parole, Zarathustra guardò di nuovo la folla e tacque.”Ecco, che se ne stanno lì – disse egli al suo cuore – e ridono: non mi intendono, io non sono la bocca per questi orecchi.
Forse bisogna rompergli i timpani perché imparino a udire con gli occhi? Bisogna strepitare come tamburi e predicatori di penitenza? O forse fan credito solo ai balbuzienti?
Essi hanno qualcosa di cui vanno fieri. E come chiamano ciò di cui vanno fieri? Istruzione lo chiamano, è ciò che li distingue dai caprai.
Perciò non sentono parlare volentieri di “disprezzo” nei loro riguardi. Ebbene farò appello alla loro fierezza.
Voglio parlare loro dell’essere più di tutti spregevole: questi è l’ultimo uomo.
E così parlò Zarathustra alla folla:
E’ tempo che l’uomo fissi la propria meta. E’ tempo che l’uomo pianti il seme della sua speranza più alta.
Il suo terreno è ancora fertile abbastanza per ciò. Ma questo terreno un giorno sarà impoverito e addomesticato, e non ne potrà più crescere un albero superbo.
Guai! Si avvicinano i tempi in cui l’uomo non scaglierà più la freccia anelante al di là dell’uomo, e la corda del suo arco avrà disimparato a vibrare!
Io vi dico: bisogna avere molto caos dentro di sé per partorire una stella danzante. Io vi dico: voi avete ancora del caos dentro di voi.
Guai! Si avvicinano i tempi in cui l’uomo non partorirà più stella alcuna. Guai! Si avvicinano i tempi dell’uomo più spregevole, quegli non sa disprezzare se stesso.
Ecco! io vi mostro l’ultimo uomo.
“Che cos’è l’amore? E creazione? E anelito? E stella?” – così domanda l’ultimo uomo, e strizza l’occhio.
La terra allora sarà diventata piccola e su di essa saltellerà l’ultimo uomo, quegli che tutto rimpicciolisce.
La sua genia è indistruttibile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo campa più a lungo di tutti.
“Noi abbiamo inventato la felicità” – dicono gli ultimi uomini e strizzano l’occhio.
Essi hanno lasciato le contrade dove la vita era dura: perché ci vuole calore. Si ama anche il vicino e a lui ci si strofina: perché ci vuole calore.
Ammalarsi e essere diffidenti è ai loro occhi una colpa: guardiamo dove si mettono i piedi. Folle chi ancora inciampa nelle pietre e negli uomini!
Un po’ di veleno ogni tanto: ciò rende gradevoli i sogni. E molto veleno alla fine per morire gradevolmente.
Si continua a lavorare, perché il lavoro intrattiene. Ma ci si dà cura che il trattenimento non sia troppo impegnativo.
Non si diventa più né ricchi né poveri: ambedue le cose sono troppo fastidiose. Chi vuole ancora governare? Chi obbedire? Ambedue le cose sono troppo fastidiose.
Nessun pastore e un sol gregge! Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono eguali: chi sente diversamente va da sé al manicomio.
“Una volta erano tutti”- dicono i più raffinati e strizzano l’occhio.
Oggi si è intelligenti e si sa per filo e per segno come sono andate le cose: così la materia di scherno è senza fine. Sì, ci si bisticcia ancora, ma si fa pace al più presto – per non guastarsi lo stomaco.
Una vogliuzza per il giorno e una vogliuzza per la notte salva restando la salute.
“Noi abbiamo inventato la felicità”- dicono gli ultimi uomini e strizzano l’occhio.

da Così parlò Zarathustra