8/3/2005

Rotto l’incanto distrutto l’entusiasmo,
ancora stordita valuto i danni.
Hai soffiato su di noi come su una candela,
avevo appena iniziato ad abituarmi
a sentirmi importante,
un “uno” di “due”,
parte di qualcosa
che sapeva di reciproco,
e ora come sempre ristagno
nel silenzio del dopo
abbandonandomi di nuovo al fare a meno.

Sento il mio dentro respirare in silenzio
vuoto e sordo come questa stanza
umida e ferma
di una casa al mare
fuori stagione.

Delusione mi cola dagli occhi,
il rumore del mare mosso
smuove un po’ questo torpore
in cui mi sono rinchiusa
per meglio pensarti
e struggermi ancora,
dopo una notte a rincorrere
quei quattro ricordi che abbiamo…

ora sento una molle stanchezza
fisica e interiore
che è la stessa di sempre,
ogni volta che cado,
e sarà patetico ormai chiedere aiuto
ancora e di nuovo
per il solito epilogo

Disperata speranza

E di nuovo ho paura…
Una parte di me s’intriga a tentare
un’altra non vuole volerti.
Ragione non è del tutto aliena:
se volessi potrei non vederti, aspettarti, cercarti
ma non voglio privarmi di due ore di pace
in giorni come questi miei
in cui tutto ciò che imploro
starebbe in un abbraccio
che non riesco ad avere sincero.
Condannati al quotidiano abbozzare,
al ripetuto ingoiare giornate,
mi rifletto nel tuo slancio convinto
di ideali che covi in silenzio:
questo mondo sovrasta cogli urli di certezze sbagliate e svuotate
le illusioni dolenti dei nostri vent’anni.
Ma tu sembri crederci ancora
a una coerenza di ideali in cui credere,
sei tra i pochi che cercano ancora
una via di fuga
dal migrare forzato tra casa e doveri.
Sembriamo in attesa perenne che qualcosa ci smuova
dall’apatico procedere
verso la gabbia dell’essere vecchi.
Ma una vena di disincanto passa ogni tanto
davanti ai sogni che ti vedo negli occhi,
la stessa disillusione che ho io nella voce…
Sembriamo due uccelli ancorati alla terra
da parametri inventati dall’uomo:
da orari, doveri, guadagni…
E di nuovo ho paura,
di me,
che desidero sempre cose che non riuscirò a raggiungere,
che tremo all’idea di potermi innamorare di te…
…che magari ami un’altra…
O forse il bisogno che ho,
come una droga,
del tuo sorridere
è soltanto frutto di una strana alchimia,
sedativo dell’anima
il tuo ascoltarmi.
Qualsiasi cosa sia o sarà
ne avrò paura
perché solo l’idea
di rischiare e fallire
sarebbe uno schiaffo,
un muro che crolla
che lascerò rantolare
disfatto in frammenti.
Questa è una lettera
questo è il mio gioco:
giocare a svelare un passaggio nascosto,
una crepa nel muro
da cui spii la mia vita,
te la lascio guardare, capire, colmare

13-1-2005

Ho pensato
camminando da sola
nel freddo tagliente di un pomeriggio
sciolto nella monotonia.
Gennaio da sempre impietoso con me
mi graffia gli zigomi,
mi squaglia lacrime gelide
che frantumano le luci delle insegne
e i fari di quell’auto che si allontana.
Camminando sospiro
e una leggera nuvola di fiato
si perde in questo freddo.
Unico segno che c’è ancora qualcosa di caldo
dentro di me.
Cammino così,
passi vaghi da cane randagio,
testa altrove,
come fossi parte del muro che sfioro,
una voce nella testa snocciola pensieri
e intorno è tutto così noto,
così incredibilmente scontato
già vissuto
che mi sento spietatamente parte di quella strada
imperfetta e sbiadita
dagli sguardi di chi la ignora passando.
Guardo lontano
E immagino te in un uomo che viene.
Ti vedo avanzare verso di me
come fossi partito dal centro della Terra
con quella rotta
inarrestabile nel tuo incedere.
Occhi negli occhi
pensieri filtrano da me a te
in un dialogo muto
di parole strette in bocca.
Un bacio –un gesto da nulla-
occhi chiusi, ti vedo coi sensi
esattamente come sei
fuori …e dentro
e penso –Ecco, ora muoio-
Ma sento quel bacio allontanarsi,
tu che mi guardi
e ho freddo da dentro
ti volti e vai via
e per me è tutto chiaro,
come la sagoma delle tue spalle ora,
la mia paura condensa in sconforto
e piove dentro di me,
è presa di coscienza ed esecuzione insieme,
desolazione che non ha forza
di liberare parole,
solo riesce ad uscire da me,
guardarmi da fuori
stagliata nell’ombra
di un lampione distratto,
asfalto bagnato da foglie marcite
pubblicità a brandelli da un muro
un clacson mi insulta
e l’anima piange-
…mi guarda da fuori ed è pena che prova

20/12/2004

Solo una cosa avrei voluto da te
-una sola-
la più dolce e difficile,
sentire quel suono,
sorprenderlo in bilico tra le labbra
e coglierlo al tuffarsi nell’aria,
piccolo e potente,
quel “ti amo” decisivo
avrebbe fermato il mondo
per un attimo
e cancellato rancori e delusioni,
sarebbe valsa la pena
di ogni lacrima, ogni tristezza
se fosse servita a farti nascere
dal fondo dei tuoi sensi
-là, dietro l’anima-
quelle due piccole parole
elementari come la terra,
come la sabbia.
Ma tu non l’hai mai detto
e forse neanche pensato,
tu che non dici mai grazie
e non chiedi mai scusa,
mi vedi stretta nell’angolo
gambe al petto
illusa
delusa
conclusa
e chiudi gli occhi,
mi senti piangere
e ti volti di là,
stupido Ulisse
ti fai legare al palo dei tuoi vent’anni,
delle tue vuote libertà
per non cedere al peso del mio richiamo,
richiamo di piuma in realtà,
ma che preferisci pensare di roccia
per poterci nascondere i tuoi stupidi alibi

Era solo amore

Di te non mi restano che ricordi
di quando eravamo satelliti,
affamati di quel binomio,
di quel sentire le mani piene
di capelli, di pelle non tua
ma che senti appartenerti più della tua voce.
Ma ora qualcosa s’infiltra
nelle immagini di quello che eravamo
e non sorrido più quando ti penso,
non più drogata dal rivivere quei giorni…
Perchè questo?
E’ rancore che inaridisce
quel dolce che c’era
e svuota gli abbracci
di cui prima morivo…
Tutto mi appare una farsa,
una poesia parafrasata,
amore sfumato dal troppo aspettarsi,
amore deluso dal troppo deludersi.

Disincanto 2

Una volta mi bastava un niente
per un sorriso di gioia vera,
ogni giorno più grata alla vita.
Ora invece
sono ridotta a non essere che l’ombra
di quella che ero prima di te,
allegria abbagliante
naufragata
per la delusione
di trovarmi sempre le tasche vuote

Disincanto

Pensare, penso,
confusione stereofonica interiore,
concerto per me sola,
unico vero dialogo nudo e sincero
quello con me
che sono la cosa più importante che ho.
Barricata sulla mia rocca
-se qualcuno mi voglia
che venga a prendermi-
aspetto una voce
che venga a farmi ridere,
non andrò più a bussare porta a porta
nella testa delle persone
perchè piangere va bene
ma a consumarmi non ci sto.

Ormai cammino nella pioggia
senza ombrello
e ho scoperto che al massimo posso bagnarmi,
niente di peggio,
qualsiasi pioggia prima o poi smette
e se non lo farà nessuno
il sole mi asciugherà

Il bello è questo,
tutto cambia
e non ci sarà rimedio
solo quando non potrò più accorgermene

11\10\2002

Oggi non c’è niente che rischiara il mio cielo,
da giorni non ho motivi per alzarmi dal letto
e tuffarmi nel mattino,
intere giornate come la notte senza luna di un vagabondo.
Mi sento come uno di quei miliardi
di coriandoli di polvere
che galleggiano nell’aria:
nessuno li vede se un po’ di luce non li attraversa…
un po’ come quella silenziosa goccia di pioggia
che si é infranta sul mio viso di striscio stamattina
così indicibilmente fine a sè stessa.