Giovanni Boccaccio

Nasce nel 1313. E’ appassionato di Dante e Petrarca.
Il padre è bancario, vive a Napoli alla corte degli Angioini; gli Angioini erano francesi ma per un periodo regnano anche su Napoli. Nella corte, come sappiamo, oltre al re ci sono i cortigiani, i nobili, c’è un ambiente raffinato e colto. La corte è autosufficiente, non si ha bisogno di uscire, i divertimenti dei nobili sono dentro la corte, si fanno i banchetti, si parla. Chi vive in una corte non è costretto a sporcarsi le mani.
Boccaccio apprezza tutto questo. Si trova a suo agio a corte. Frequenta molto la biblioteca della corte angioina, vive tra feste e incontri come i nobili.
Ad un certo punto però la banca dove lavorava il padre fallisce. Le banche prestavano denaro e chiedevano interessi, a volte succedeva che i nobili a cui prestavano il denaro non ridavano i soldi e quando erano in tanti la banca rischiava di fallire.
Il padre di Boccaccio deve lasciare la corte e tornare a Firenze. Firenze è una città borghese, bisognava lavorare per vivere, qui Boccaccio non ha più il benessere che aveva a corte.
Boccaccio poi prenderà i voti, diventando chierico, per avere uno stipendio.
E’ nel periodo fiorentino che Boccaccio scrive il Decameron.
Il Decameron è un’opera in prosa, quindi mentre Petrarca è importante per la poesia, Boccaccio è importante per la prosa.
Abbiamo già visto con Petrarca che si comincia ad affermarsi una mentalità antropocentrica, cioè il pensiero in cui l’uomo è al centro.
Petrarca e Boccaccio usano un volgare fiorentino, Dante, come sappiamo, non usava una sola lingua, sperimenta il volgare, usa parole straniere, inventa parole nuove.

Bisogna ricordare che esistono due mondi:
La classe borghese: per vivere si deve lavorare, studia la realtà (per produrre, per vendere); capisce i bisogni e si piega a questi bisogni
La nobiltà: non si deve lavorare per vivere, sta nella sua corte, nel suo castello e l’unico problema che ha è passare il tempo; quindi leggono, ascoltano e recitano opere.

Decameron

Viene dal greco deca + emeron che vuol dire “dieci giorni”. Il Decameron si svolge in dieci giorni, è una raccolta di novelle (brevi storie). Forse Boccaccio conosceva e si è ispirato a Le mille e una notte.

Immagina dieci giovani nel 1348 (è l’anno in cui muore Laura per la peste) che durante l’epidemia di peste si incontrano a Santa Maria Novella, una chiesa di Firenze.
Spaventati dalla peste vogliono allontanarsi da Firenze e vanno nelle colline Fiesolane, vicino Firenze.
Questi dieci giovani decidono di trascorrere (passare) la giornata raccontando a turno delle novelle.
L’obiettivo delle novelle è, come si vede, l’intrattenimento, il passare il tempo.
Ogni giorno viene eletto un re che sceglie il tema della giornata (ad esempio la beffa, la storia d’amore, l’amore infelice ecc…).
Il re comincia poi altri otto raccontano ognuno una novella al giorno su quel tema. Un giovane, che si chiama Dioneo, può raccontare la novella sul tema libero.

Forse Dioneo rappresenta lo stesso Boccaccio. Dione nella mitologia era la madre di Venere.

Dieci giovani vuol dire dice novelle al giorno, i giorni sono dieci quindi abbiamo cento novelle.
Questa è la cornice del Decameron, cioè come è costruita l’opera. Boccaccio non vuole fare delle novelle che diventino delle opere separate ma le unisce usando una cornice, cioè una struttura che le tenga insieme. La cornice sono i giovani che raccontano.
Le novelle sono ambientate in città diverse. In questi anni si viaggia molto, ad esempio Marco Polo, che era un veneziano, arriva in Cina.
Nelle novelle ci sono molti borghesi dato che per Boccaccio non sono meno importanti dei nobili. Ci sono anche le altre classi sociali. Boccaccio nelle novelle mette tutto l’universo umano: i ricchi, i poveri, i nobili, le donne, i contadini, l’amore spirituale, l’amore carnale (con il sesso), troviamo il mercante, l’imbroglione, il furbo, l’aggressivo ecc…
Boccaccio racconta anche tutti gli aspetti dell’amore e l’immagine del peccato non si sente in lui. C’è l’amore cortese e l’amore fisico. Il sesso viene descritto anche nei dettagli per questo oggi in italiano quando diciamo “boccaccesco” vuol dire volgare.
Non c’è l’idealizzazione della realtà, cioè la realtà non è vista come qualcosa di astratto o pensato ma viene descritta in modo reale, vivo e crudo. Boccaccio rappresenta la realtà nel bene e nel male

Il Decameron è dedicato alle donne: Boccaccio vuole consolarle dalle sofferenze d’amore. Gli uomini quando soffrono per amore possono distrarsi, ci sono tanti divertimenti, ma per le donne no.
Il pubblico del Decameron è più grande del pubblico della Divina Commedia.

Boccaccio è ateo (cioè non crede in Dio)? No, Boccaccio è laico: considera la vita terrena importante quanto la vita dopo la morte, quindi realizza progetti “terreni” e si diverte. Dante, invece, vive in funzione della vita dopo la morte.

Nelle novelle torna il concetto di Fortuna. La fortuna è un concetto (idea) pagano, è una forza superiore che però, per Boccaccio, non c’entra niente con Dio.
Per Boccaccio ci sono due forze che muovono le azioni nel mondo:
la fortuna (che non è religiosa)
l’amore

La peste è descritta in modo realistico.

Bisogna notare che la cornice del Decameron (cioè i dieci giorni che si riuniscono) rappresenta la corte, è una realtà ideale, una realtà cortese. Mentre le novelle che raccontano rappresentano una classe più bassa, una classe che deve lavorare per andare avanti, è una realtà più concreta (più reale).

Novelle:
» Ser Ciappeletto
» Lisabetta da Messina
» Federigo degli Alberighi
» La badessa e le braghe
» Andreuccio da Perugia
» Tancredi e Ghismunda

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