Crollate le vecchie norme, non ancor sorte o bene stabilite le nuove; è naturale che il concetto della relatività d’gni cosa si sia talmente allargato in noi, da farci quasi del tutto perdere l’estimativa. Il campo è libero ad ogni supposizione. L’intelletto ha acquistato una straordinaria mobilità. Nessuno più riesce a stabilirsi un punto di vista fermo e incrollabile. I termini astratti ha perduto il loro valore, mancando la comune intesa, che li rendeva comprensibili.
Non mai, credo, la vita nostra eticamente ed esteticamente fu più disgregata.
Slegata senz’alcun principio di dottrina e di fede, i nostri pensieri turbinano entro i fati attuosi, che stan come nembi sopra una rovina. Da ciò, a parer mio, deriva per la massima parte il nostro malessere intellettuale. Aspettiamo, e invano, pur troppo! Che sorga finalmente qualcuno ad annunziarci il verbo nuovo. […]
Io non so se la coscienza moderna sia veramente così democratica e scientifica come oggi comunemente si dice. Non capisco certe affermazioni astratte. A me la coscienza moderna dà l’immagine d’un sogno angoscioso attraversato da rapide larve or tristi or minacciose, d’una battaglia notturna, d’una mischia disperata, in cui s’agitino per un momento e subito scompaiano, per riapparirne delle altre, mille bandiere, in cui le parti avversarie si sian confuse e mischiate, e ognuno lotti per sé, per la sua difesa, contro all’amico e contro al nemico. È in lei un continuo cozzo di voci discordi, un’agitazione continua. Mi par che tutto in lei tremi e tentenni.
da L’umorismo e altri saggi
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