Terenzio

Molte cose che sappiamo su Terenzio sono state scritte da Svetonio nel De viris illustribus.
Il nome completo di Terenzio è Publius Terentius Afer e, come dice il cognome Afer, sappiamo che è di origini libiche. Terenzio nasce però a Cartagine tra il 195 e il 185 a.C.
Viene a Roma quando è ancora un ragazzo. Essendo figlio di uno schiavo va presso il senatore Terenzio Luciano che per l’intelligenza e la bellezza lo libera e gli dà il suo nomen.
Terenzio frequenta gli ambienti aristocratici e diventa amico del giovane Scipione e di Polibio.
Nel 166 a.C. viene rappresentata la sua prima commedia, l’Andria.

Terenzio non ha un buon rapporto con il pubblico così come l’aveva avuto Plauto.
Viene accusato di plagio (cioè di aver copiato), di aver usato la contaminatio (contaminatio vuol dire “mischiare sporcando”, questo avviene quando un autore mischia due opere precedenti) e di aver prestato il suo nome per le commedie scritte da altre persone.
Ritornando dalla Grecia nel 159 a.C. la sua nave affonda ed egli scompare con le sue opere.

Le sue commedie erano raccolte in codici e questi erano preceduto dalle didascalie. Nelle didascalie vengono riportati i dati sulle festività dove le sue commedie venivano rappresentate, oppure sugli strumenti musicali usati, sull’autore delle musiche e il nome del capocomico. Queste didascalie sono utili oggi per avere le informazioni sulle commedie di Terenzio.

Le commedie

Terenzio aiuta la cultura romana ad essere meno provinciale. Egli, per scrivere le sue commedie, prende esempio dall’autore greco Menandro.
Terenzio non è molto interessato alla storia e alle azioni ma è più interessato a parlare dei sentimenti e del carattere dei personaggi. La storia comunque si svolge in maniera rapida e gli stessi attori non sono mai per molto tempo sul palcoscenico. In questo modo Terenzio cerca di tenere viva l’attenzione del pubblico che altrimenti si sarebbe annoiato. In Plauto c’è molto movimento nelle commedie, in Terenzio invece c’è più immobilità e per questo le sue commedie sono più difficili da seguire.
Questo tipo di commedia però non aveva molto successo sul pubblico romano che preferiva le battute più dirette e la comicità immediata.
I personaggi di Terenzio hanno una buona conoscenza di se stessi e riflettono su quel che succede in maniera filosofica.
Cambia il concetto dell’humanitas, infatti in Terenzio la nobiltà d’animo non corrisponde alla nobiltà di sangue o di ricchezza e anche le prostitute e i servi possono essere generosi e sacrificarsi per gli altri. Aiutare gli altri diventa così un valore “umano” molto importante. L’uomo ha fiducia in se stesso e si considera importante. L’uomo vale molto e sa che gli altri valgono molto.
Mentre in Plauto i personaggi erano maschere, dato che i personaggi avevano sempre gli stessi comportamenti (ad esempio la prostituta cercava sempre di ingannare, il vecchio era sempre avaro, il giovane era innamorato ma non sapeva come fare, il servo era intelligente e cercava di ingannare il signore), in Terenzio i personaggi sono molto complessi. Perde di importanza l’inganno e, di conseguenza, perde di importanza il servo furbo. In Plauto si parla quindi di maschere mentre in Terenzio si parla di tipi.
C’è uno scontro tra vecchi e giovani: i padri non obbligano i giovani a fare quello che vogliono loro ma sono saggi, maturi e autorevoli. I giovani (che rappresentano la nuova cultura che si afferma a Roma a contatto con la Grecia) si ribellano ai vecchi (che rappresentano le tradizioni, il mos maiorum).
In Terenzio c’è la fortuna che è un elemento esterno che spesso decide al posto dell’uomo.
In Terenzio c’è quasi una “chimica dei sentimenti”, cioè egli cerca di mostrare come reagirà un certo personaggio, con un carattere e una educazione particolari, in una certa situazione. Il risultato serve a far riflettere gli spettatori.
La lingua in cui scrive Terenzio è poi una lingua molto raffinata ed elegante e i toni sono semplici e tranquilli mentre Plauto preferiva un linguaggio più diretto ed espressivo.
C’è una riduzione dell’elemento musicale e un bilanciamento dei personaggi in scena.
Cambia la funzione del prologo. Il prologo in Plauto serviva a dare agli spettatori delle informazioni importanti per seguire la storia. In Terenzio il prologo c’è sempre ma serve all’autore per comunicare con il pubblico.
In questo modo il pubblico comincia a vedere lo spettacolo senza sapere di che cosa si parli e questo genera una maggiore curiosità.
Tra le commedie di Terenzio ricordiamo: Andria (“la ragazza di Andro”), Hecyra (“La suocera”), Heautontimorumenos (“Il punitore di se stesso”), Eunuchus (“L’eunuco”) e Adelphoe (“I fratelli”).

Andria

Questa commedia è ripresa dal dramma scritto da Menandro.
La commedia parla di Glicerio, una ragazza che viene da Andro e va ad Atene.
Un ragazzo che si chiama Panfilo si innamora di lei. Panfilo però è costretto dal padre a sposare Filumina.
Glicerio però rimane incinta di Panfilo e abbandona il figlio davanti alla casa di Cremete, il padre di Filumina. Cremete, quando scopre di chi è quel bambino, proibisce a Panfilo di sposare Filumina.
Però poi si scopre che anche Glicerio è sua figlia e così la fa sposare con Panfilo.

Hecyra

Panfilo è un giovane di Atene ed ama Bacchide, una prostituta. I suoi genitori però vogliono che sposi Filumina.
Panfilo sposa Filumina ma continua a vedere Bacchide. Panfilo deve partire e lascia la moglie Filumina con sua madre Sostrata.
Filumina torna da sua madre perché è incinta, infatti era stata violentata da un uomo al buio.
Quando Panfilo torna discute con Filumina. Bacchide va a casa degli sposi e dice che Panfilo non va più da lei ma si scopre che la prostituta ha un anello che era stato rubato a Filumina dall’uomo che l’aveva violentata. Bacchide dice che glielo ha dato Panfilo. Quindi si scopre che Panfilo è l’uomo che ha violentato Filumina e si risolve tutto.

Heautontimorùmenos

Menedemo è un padre severo e discute con il figlio Clinia perché Clinia si è innamorato di Antifila, una giovane povera. Clinia non sopporta più di discutere e parte come soldato. Il padre si pente e va a vivere in campagna e si mette a fare lavori faticosi come punizione. Il suo vicino Cremete cerca di consolarlo.
Clinia dopo tre mesi torna di nascosto e va a vivere da Clitifone, il figlio di Cremete. Clitifone è innamorato di Bacchide, una prostituta.
Clitifone e Clinia cercano di ingannare Cremete e mostrano Bacchide dicendo che è Antifila mentre la vera Antifila finge di essere la serva di Bacchide.
La moglie di Cremete però vede che la serva di Bacchide ha un anello e questo anello era quello che lei aveva dato a sua figlia quando l’aveva abbandonata. Quindi la moglie di Cremete scopre che la vera Antifila è in realtà la figlia di Cremete. Nello stesso tempo Cremete scopre che Bacchide è l’amante di Clitifonte.
La situazione ora è al contrario: è Menedemo che deve consolare Cremete.
Alla fine Clinia può sposare Antifila, che ora non è più povera mentre Cltifone lascia Bacchide e si sposa con una ragazza che sceglie il padre.

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